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José Alejandro Solalinde Guerra

Director de “Hermanos en Camino”, México
 biografía
“Migrazione, educazione alla pace” è l’argomento di cui mi occuperò.
 
La tratta degli esseri umani provoca decadenza e disumanizzazione. Una delle cause è il sistema neoliberale capitalista, che ha privilegiato il mercato rispetto all’uomo. E un’altra causa importante è l’assenza oggi di educazione ai valori etici, umanistici e spirituali: c’è infatti una carenza a livello mondiale, della formazione delle persone sui temi del rispetto, dell’empatia e  della convivenza, in un clima di apatia. Questa debolezza educativa è presente nella scuola, ma anche nelle famiglie che non riescono a trasmettere amore all’essere umano, anche per quanto riguarda la fede. Nella scuola c’è una educazione che istruisce ma non forma le coscienze. C’è religione, ma non c’è educazione alla fede. Non si è riusciti a seminare la curiosità, la fame di sapere negli alunni.
 
Sbagliamo anche come Chiesa cattolica, perché non evangelizziamo abbastanza per formare coscienze cristiane convinte degli insegnamenti di Gesù, un giovane di Nazareth, meraviglioso. La maggioranza dei cattolici, sia i praticanti che coloro che si sono allontanati, non ha l’abitudine di leggere la Parola di Dio, non conosce la storia della Chiesa, il magistero, e non sa nemmeno che cosa sia l’insegnamento di Gesù sulla venuta del Regno di Dio.
 
In questo contesto, materialista e disumanizzato, il fenomeno della tratta degli esseri umani con fini di sfruttamento è soltanto un ulteriore aspetto del commercio mondiale in cui l’uomo non è altro che vittima di lavoro e sesso, dalla nascita all’età avanzata: l’uomo diviene una merce, una cosa che dà più guadagno, è l’affare più grande del pianeta. Non ci sono cifre precise su questo flagello, spesso tenuto nascosto: sono migliaia le vittime che non dispongono della loro libertà nei movimenti e nella possibilità di esprimersi. Nel mercato capitalista donne, uomini, bambini vengono ridotti a spazzatura da gettare, diventano merce in compravendita a seconda delle stagioni. La perdita di valore delle persone è una delle radici della schiavitù neocolonialista. La tratta delle persone nel ventunesimo secolo significa violenza spietata, invisibile, clandestina, nascosta, sostenuta da delinquenti, ma anche da funzionari pubblici, pubblici corrotti, che permettono affari che non sono altro che sfruttamento umano. C’è poi tutta una rete che rende possibile e partecipa a questi crimini, sono gli “agganciatori”, i consumatori che pagano per i servizi che vengono offerti dalla tratta: tssisti, impiegati negli alberghi, nei bar, coloro che distribuiscono i volantini, che promuovono pacchetti turistici “tutto compreso” e anche uffici turistici della tratta. Sono anonimi, la cui identità viene nascosta, ma sono i più colpevoli, perché con i loro soldi sostengono questo crimine. È un crimine abominevole. Ci sono funzionari pubblici e anche, a volta,  alcuni membri del clero. Coloro che si occupano della tratta agganciano, seducono, trasportano, rinchiudono, umiliano, colpiscono, si occupano di abbassare le vittime fino al livello di merce. Li ammalano con le droghe, li sfruttano, corrompono le autorità, amministrano le vittime, dispongono di loro. Sono esperti nel conoscere e manipolare i due grandi blocchi, i trattati e i consumatori.
 
Si calcola che i guadagni ottenuti ogni anno sono perlomeno 35 miliardi di dollari, ogni anno.
 
Tutte le vittime, qualsiasi vittima ci fa soffrire, ma le persone in situazione di mobilità umana forzata, i migranti, sono senza dubbio i più vulnerabili e hanno bisogno della nostra urgente attenzione. Ricerche recenti, basate sulla testimonianza di migliaia di vittime emigranti, riportano che sono state ingannate con false promesse lavorative e viaggi facili verso il Nord. Ma hanno trovato solo menzogne, sequestri, sottomissione, trattenimento dei documenti, minacce alle famiglie, induzione alla prostituzione e al lavoro forzato, soprattutto per lavorare in bande dedite al crimine. E alla fine, una lenta degradazione attraverso l’alcol, le droghe e pratiche che demoliscono l’autostima e spengono ogni resistenza. Molte delle donne migranti trattate non tornano alle loro famiglie per vergogna. Questo flagello ha trasformato per sempre la loro vita, convinte come sono che ormai non valgono più niente.
 
Tuttavia, è necessario un cambiamento, e ci sono cambiamenti. Per lo meno in Messico stiamo vivendo una grande transizione: dopo regimi e governi corrotti, oggi possiamo dire che iniziano ad esserci dei cambiamenti, una trasformazione. Ci sono resistenze delle mafie al cambiamento, non vogliono cambiare. Quello che era prima molto comune, ancora prevale.
 
Per esempio, è  il caso di Elvis Garay Lorío, un giovane nicaraguense, l’unico in 10 anni che è stato sostenuto per trovare giustizia. È stato torturato perché ha denunciato la tratta. Oggi, dopo 10 anni, si inizia a fare giustizia. Ma nel sistema giudiziario ci sono ancora persone che si fanno sentire e vivono nel regime precedente: “Prima offrivano cinque milioni per la mia testa, ora dieci milioni per il mio silenzio, ma sia lui che io non abbiamo accettato e quest’anno siamo stati minacciati”. 
 
Sono convinto che per affrontare il problema della tratta delle persone è indispensabile senza dubbio la coesione, ma solo la coesione non basta. È necessaria la convergenza di governi, istituzioni, chiese, società civile. Per educare. Bisogna formare le coscienze, educare alle relazioni. Insisto: educare alle relazioni interpersonali, nella famiglia, nella scuola, nelle chiese.
 
Dato che il grado di vulnerabilità della popolazione migrante è considerevole, è urgente proporre azioni massive, a breve e lungo periodo, per aiutare questa debolezza. Non bisogna guardare i migranti in modo romantico, ha molti svantaggi; il loro livello di scolarizzazione è molto basso e, anche se la maggioranza è cattolica, non sono praticanti, non sanno molto di religione. 
 
È urgente educare le coscienze. Le atrocità che vediamo, i comportamenti antisociali nascono dalla dall’assenza nelle proprie coscienze di formazione di valori e di rispetto dei propri simili. In questo senso, c’è molto bisogno di educare all’amore verso il prossimo, al senso di solidarietà, alla compassione.
 
Mai come oggi le forme violente sono aumentate. È urgente educare all’educazione alle relazioni, è nelle relazioni che bisogna mettere l’enfasi, bisogna educare perché maturi una nuova coscienza nelle relazioni con Dio, con se stessi, con gli altri, con la natura. Molte delle nostre relazioni sono distruttive: c’è paura, egoismo e cecità, ma soprattutto siamo scollegati dalle nostre fonti culturali, spirituali, universali, come la ricchezza dell’erudizione e l’umanesimo.
 
Molta gente è disorientata e cieca, perché non ha punti di riferimento saggi, umanisti e spirituali. Per tutte e tutti cristiani Gesù Cristo dovrebbe essere quel punto di riferimento principale, quel Gesù, quel giovane meraviglioso di Nazareth di cui ci parlano i Vangeli. Se conoscessimo il progetto del regno di Dio, naturalmente troveremmo la strada per cambiare la visione di questo mondo. Potremo tornare ad avere una coscienza più umana e anche ottenere una comprensione di noi stessi e fermare questa decadenza verso la disumanizzazione.
 
Nonostante, però, quello che abbiamo detto, bisogna dirlo, ci sono molte persone che non fanno parte del crimine e dei comportamenti antisociali. Esistono, per fortuna, molte altre persone che non fanno il male a nessuno e che fanno molto bene per i propri simili. Lottano per la giustizia, creano sinergie importanti, condividono con i poveri il loro amore, le loro cure. Un esempio di questo è la Comunità di Sant’Egidio.
 
Immaginare la pace è credere nella bontà e nella generosità della maggioranza degli esseri umani. Esiste il miracolo della solidarietà. Immaginare la pace è lavorare per formare una società cosciente, piena di umanità, convinta della dignità umana di ogni persona, assieme alla sinergia delle autorità civili, politiche, religiose, economiche. 
 
Immaginare la pace è impegno ad accrescere nelle relazioni tra le persone, nelle famiglie, nelle comunità, nelle istituzioni, nelle chiese, che per convincimento assumano il rispetto di ogni persona. L’amor che include, la solidarietà, l’uguaglianza. Immaginare la pace è poter applicare la giustizia che sostiene le vittime della tratta. È anche una rigenerazione della coscienza di coloro che trattano. Non si tratta solo di punire, ma anche di convincere. Immaginare la pace è promuovere una rete educativa riumanizzante, per ritrovarci con noi stessi, con noi stesse, con Dio, con i nostri simili, con la natura. Immaginare la pace è convincere le vittime della violenza che la loro vita non è finita, che deve solo ricominciare costruendo la loro autostima e reinventandosi con nuovi progetti personali.
 
La pace è frutto di relazioni, non cade dal cielo. Dobbiamo costruirla tutti e tutte permanentemente.