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Keishu Kataoka

Soto Zen Buddhism, France
 biografie
Buongiorno a tutti. Sono Keishu Kataoka.
Attualmente lavoro con il Rev. Shoten Mineghishi, come segretario generale del Centro Missionario Internazionale in Europa della Scuola Buddista Soto.
Sono onorato di avere l’opportunità di presenziare quest’incontro.
Non solo. Sono grato perché, anche oggi, sia riuscito a vivere questa giornata.
 
Nutro il desiderio per un mondo, in cui tutti noi che viviamo nella stessa casa, la Terra, possiamo prenderci cura e amarci come se fossimo una sola famiglia.
Ovviamente non è cosa facile. Ma ora è il momento di prenderci per mano, indipendentemente dalla nazionalità, dalla razza o dalla religione.
 
Circa 2 anni fa, sono stato trasferito nel mio attuale ufficio in Francia, dove sono arrivato da solo, lasciando la mia famiglia in Giappone. Era la prima volta che mettevo piede in Europa ed ero entusiasta, pensando a questa nuova fase della mia vita e alle persone che avrei incontrato, finché non siamo stati colpiti dalla pandemia dovuta al Covid. E la mia vita in Europa è iniziata in maniera totalmente diversa da quella che avevo immaginato.
Prima della pandemia tutti i sabati giocavo a calcio al parco con i ragazzi del posto. Ero felice che mi avessero accolto, nonostante la differenza di età, di razza, di nazionalità e di lingua.
Purtroppo, durante il lockdown che ne è seguito, il calcio al parco, le chiacchierate al caffè con gli amici, la cosidetta “quotidianità” è scomparsa, così come i sogni, e ci siamo isolati tutti, vivendo così in uno stato di solitudine.
Con la chiusura delle scuole e il divieto anche di poter giocare fuori, i bambini hanno smarrito un posto dove stare.
La “normalità” vissuta da me, si era trasformata in “anormalità”.
Se prima “la libertà di incontrare, parlare e toccarsi con gli altri” erano azioni date per scontato, ora ne sento veramente la mancanza.
 
L’aver partecipato all’Incontro per la Pace dello scorso anno, intitolato “Nessuno si salva da solo - Pace e fraternità” è stato un grande stimolo, ma, in quel periodo, ho sentito veramente che “noi non possiamo vivere da soli”.
Durante il lockdown, vivendo da solo, ero completamente isolato nella mia abitazione. Tuttavia, grazie a internet, riuscivo a comunicare facilmente con i miei famigliari e amici in Giappone. Non solo. Tanti monaci buddisti sparsi in Europa mi hanno inviato moltissime mail, chiedendomi come stessi o dicendomi che pensavano a me. Altri addirittura mi hanno inviato dei biscotti fatti in casa o lettere che avevano scritto insieme. Per me, che in quel periodo mi sentivo totalmente isolato e stavo perdendo anche la speranza di vivere, queste sono state di grandissimo conforto e mi sono profondamente commosso.
Ho veramente rivalutato quanto coraggio potesse dare l’interazione con le altre persone, pur vivendo lontano.
 
Quando ero un ragazzo, i miei amici guardavano sempre una serie televisiva, rappresentativa del Giappone, chiamata “San-nen B gumi Kinpachi Sensei ” (n.d.t. “3B - Professor Kinpachi”).
La serie, ambientata in una scuola media, parla di un insegnante appassionato, che lotta con vari problemi nel campo dell'educazione, piangendo, ridendo e a volte arrabbiandosi con i suoi studenti. C’è una frase famosa, detta dal Professore agli studenti: “L’ideogramma di <persona> rappresenta un uomo che ne sostiene un’altra. Ossia le persone esistono in quanto persone, poiché si sotengono a vicenda. Una persona è sostenuta dalle altre persone e continua migliorare proprio perché vive in mezzo alle altre persone.”
Credo che sia effettivamente così.
Credo che per vivere da soli sia necessario rinunciare a essere “uomini”. C’è qualcuno che si è accorto di questo durante il lockdown?
 
Ogni sera al notiziario facevano vedere le persone che, da tutte le città del mondo, applaudivano agli operatori sanitari, che erano al servizio dei pazienti Covid.
Questo, senza alcuna distinzione di nazionalità, razza o religione.
L’applauso, non generando alcun beneficio economico e non essendo nemmeno un dovere, era un gesto nato spontaneamente dall’amore verso gli altri.
 
Stiamo affrontando insieme questa situazione difficile.
Non saremo in grado di superarlo, se non aiutandoci a vicenda.
 
Ovviamente ho solo 28 anni e non ho molte esperienze alle spalle, ma, come uomo religioso, penso che la religione debba essere insegnata con il solo scopo di costruire un mondo accogliente, in cui le persone possano convivere, aiutarsi e incoraggiarsi a vicenda. E la nostra missione, come religiosi, è quella di prendere delle iniziative in tal senso.
 
Infine, se pensiamo al nostro pianeta come a una casa sospesa nell'universo, forse la scorciatoia per il futuro che vogliamo è quella di pensare alle persone e a tutti gli esseri viventi come a una famiglia, accettarsi, credere gli uni negli altri e vivere insieme.
Grazie per la Vostra cortese attenzione.