16 Septembre 2019 17:30 | Sala Ramón Gómez de la Serna, Círculo de Bellas Artes
Intervento di Daniele Verga
Sono lieto ed onorato di portare il saluto del Sovrano Ordine di Malta ai partecipanti al Meeting internazionale di Madrid ed il vivo apprezzamento agli organizzatori per l’attualità ed il rilievo dei temi in trattazione, che consentono un proficuo confronto di idee, di esperienze e di proposte nello spirito del dialogo e della reciproca comprensione.
Fondato a Gerusalemme nell’ 11mo secolo, il Sovrano Militare Ospedaliero Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta nel corso dei secoli ha svolto una costante azione umanitaria al servizio delle persone vulnerabili e dei malati, sempre fedele ai suoi valori originari ed al suo motto tuitio fidei and obsequium pauperum.
Soggetto di diritto internazionale e istituzione di ispirazione cristiana – a faith based institution – l’Ordine di Malta è presente nello scenario internazionale ed opera con affidabilità e competenza e senza distinzione di razza e religione in 120 Paesi nelle aree di crisi, nelle calamità naturali, nelle situazioni di bisogno, di disagio, di emarginazione con interventi in particolare nei settori sanitario e sociale e per la tutela ed il rispetto della dignità umana.
12 Priorati, 47 Associazioni nazionali, un’Agenzia a carattere globale – il Malteser International –, 33 Corpi nazionali di soccorso, fra cui Ordre de Malte France ed il CISOM (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta), numerosi ospedali e centri medico-sanitari supportati da una rete di 133 missioni diplomatiche bilaterali e multilaterali (l’Ordine ha lo status di Osservatore permanente presso le Nazioni Unite e relazioni diplomatiche con l’Unione Europea) costituiscono una solida e diversificata struttura operativa per l’assistenza ai bisognosi ed una diplomazia umanitaria impegnata sui temi della pace, della convivenza, del rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone. 13.500 membri, 80.000 volontari permanenti ed uno staff qualificato di 25.000 professionisti costituiscono la operosa ‘macchina’ umanitaria dell’Ordine di Malta.
Nell’era della globalizzazione l’ambiente del pianeta sta cambiando: sono in atto profondi mutamenti, non soltanto climatici, atmosferici e metereologici, ma anche nei comportamenti individuali e collettivi. Si sciolgono i ghiacciai perenni e si vanno raffreddando gli animi, i sentimenti, gli slanci verso il prossimo. C’è una “globalizzazione dell’indifferenza”, come è tornato ad ammonire Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata dei migranti 2019. Tanto meritorio volontariato, ma anche tanti egoismi e impulsi xenofobi. In un mondo globale, in cui circolano liberamente capitali, merci, informazioni e beni immateriali, i migranti sono l’elemento umano della globalizzazione, che prefigura il mondo futuro in cui sarà normale nascere in un Paese, crescere in un altro, lavorare in un altro ancora.
Migrazioni: fenomeno epocale - peraltro sempre esistito – e dalle cause molteplici, spesso drammatiche, come conflitti, persecuzioni, pulizie etniche. Fenomeno non soltanto verticale (sud-nord), ma anche e soprattutto orizzontale (sud-sud). Le priorità del dibattito pubblico nei Paesi europei ruotano attorno alla necessità di un controllo dei flussi migratori che originano dall’Africa e diretti verso l’Europa. Una dimensione ampiamente trascurata del fenomeno migratorio africano, tuttavia, riguarda il fatto che la mobilità è anzitutto intra-africana: gran parte dei migranti subsahariani lascia il proprio Paese ma resta in Africa e solo una minoranza di essi si dirige in Europa.
Dei 27 milioni di emigrati che, al 2017, originavano dall’Africa subsahariana (pari a tre quarti di tutti i migranti africani, inclusi quelli provenienti dal nord Africa, e al 10,5% dei 258 milioni di migranti presenti a livello globale), solo una minoranza di 8 milioni di persone, lasciata la propria terra, si era stabilita in Europa, Nord America, Medio Oriente o in un’altra regione del globo. Gran parte dei migranti subsahariani – 19 milioni di persone complessivamente – hanno sì attraversato confini, ma spesso solo per spostarsi in uno Stato limitrofo, o comunque fermandosi in Africa. Per svariate ragioni – non ultime le risorse materiali e immateriali su cui contare per poter affrontare percorsi più lunghi – si tratta di migranti con una predisposizione e/o una capacità a lasciare l’Africa molto inferiori rispetto a quella dei migranti nordafricani.
Fenomeno – quello delle migrazioni - che non si arresta e si risolve con barriere e muri (materiali, ideologici, culturali, psicologici) o con approcci emotivi, ma in maniera razionale ed obiettiva in primo luogo analizzandone le cause e le specifiche situazioni, anche nei Paesi di accoglienza e destinazione, per cercare di individuare le soluzioni più idonee per gestire e rendere sostenibile una migrazione globale e irreversibile. L’immigrazione va regolata, gestita, non subìta. Ma non va neppure vissuta come una minaccia.
“Non possiamo accoglierli tutti” è lo slogan abusato; ma non ‘tutti’ partono ed ancor meno sarebbero indotti a lasciare il proprio Paese, se venissero meno le molteplici cause (guerre, persecuzioni, carestie, povertà, legittima aspirazione al miglioramento economico e sociale) che li costringono a partire.
Fenomeno globale, che va affrontato con spirito di solidarietà, generosità, condivisione – è il grande insegnamento della parabola evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci - e con i valori cristiani della misericordia e della compassione che sono peraltro comuni a tutte le religioni.
Fenomeno complesso – tenendo presente che siano essi rifugiati o migranti economici si tratta comunque di persone vulnerabili esposte a tutti i rischi di violenza, sopruso, sfruttamento in particolare da parte delle varie forme di criminalità anche transnazionale – che non si esaurisce nell’accoglienza immediata, ma comprende le cruciali fasi successive dell’inserimento e dell’integrazione. Cosa significa integrazione nell’era di Internet, dei social media e dei voli low cost? E le problematiche della prima generazione di migranti sono le stesse di quelle delle seconde, terze generazioni? E in materia religiosa è esatto parlare di tolleranza o non sarebbe più corretto parlare di convivenza, rispetto reciproco tra credenti in fedi diverse? Sono domande che richiedono riflessioni approfondite e risposte adeguate e compatibili con le specifiche realtà perché gli approcci ed il dibattito sui flussi migratori non siano condizionati da ogni forma di speculazione, strumentalizzazione o emotività.
Fenomeno che richiede la collaborazione fra Stati nel rispetto delle varie convenzioni internazionali in materia di diritti umani. E la necessità di concordare, anche attraverso intese bilaterali tra Paesi di origine e di destinazione, flussi migratori regolari e regolamentati. Per quanto riguarda l’Unione Europea l’impegno ed il coordinamento sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti ed il relativo “burden sharing” vanno ricercati prima ancora che per doverosi scopi umanitari nell’interesse dei singoli Paesi membri, tenendo presente che la persona migrante ben inserita nel tessuto sociale ed economico del Paese di destinazione costituisce un’opportunità e non un problema ed è meno esposta ad ogni rischio di manipolazione.
Anche sul tema delle migrazioni sono costanti l’impegno e la premura del Sovrano Ordine di Malta.
In campo multilaterale va sottolineato il contributo propositivo dell’Ordine all’elaborazione dei recenti ‘Compact’ delle Nazioni Unite sui rifugiati e sui migranti, che costituiscono i primi accordi intergovernativi non vincolanti in materia, già adottati da molti Stati membri. Il Gran Cancelliere ed il Grande Ospedaliere dell’Ordine di Malta hanno partecipato al Vertice di Marrakech dello scorso dicembre ed hanno illustrato nelle varie sessioni di lavoro l’azione dell’Ordine al riguardo, nella convinzione che i due testi costituiscono un idoneo strumento per rendere sostenibili i massicci e irreversibili flussi migratori e nella consapevolezza che nessun Paese, sia in Europa che nel resto del mondo, può agire da solo per gestire in maniera efficace e risolutiva tale fenomeno.
Dal 1989, il Malteser Werke è impegnato in Germania nella cura dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli emigranti. Esso ha assistito l’inserimento di oltre 1 milione di persone provenienti da più di 75 Paesi. Attualmente nel servizio per i rifugiati del Malteser Werke operano circa 2800 volontari a tempo pieno in un centinaio di centri di assistenza, prendendosi cura ogni giorno di oltre 25.000 persone.
Sulla base dell’esperienza il Malteser ha elaborato sei condizioni essenziali per una efficace integrazione dei rifugiati e/o migranti, che hanno indirizzato la politica federale per l’immigrazione: 1) una sollecita definizione dello status giuridico dei richiedenti asilo (entro quattro mesi al massimo dall’ ingresso in Germania); 2) l’immediato apprendimento della lingua (il 40% dovrebbe raggiungere il livello B2 di conoscenza del tedesco dopo un anno e l’80% dopo tre anni dall’arrivo); 3) l’istruzione scolastica (entro tre mesi dall’arrivo tutti i minori di 16 anni dovrebbero essere inseriti in una scuola o asilo; dopo due anni almeno il 75% dei giovani immigrati tra i 18 ed i 25 anni dovrebbe conseguire un diploma di studio); 4) la formazione (dopo cinque anni dall’arrivo almeno la metà dei rifugiati tra i 20 ed i 30 anni di età dovrebbe aver conseguito una specializzazione professionale o un diploma di laurea con la prospettiva di arrivare a 2/3 nel lungo periodo); 5) il sollecito inserimento nel mondo del lavoro ( in futuro, dopo cinque anni dall’arrivo il 60% dei rifugiati ed il 70% dopo dieci anni dovrebbe avere un’occupazione; cioè un tasso leggermente inferiore a quello dei tedeschi, del 74%); 6) mobilità lavorativa e libertà di residenza (possibilità per i rifugiati di stabilirsi ove maggiori sono le possibilità di impiego e politica governativa degli alloggi che eviti la formazione di ghetti).
In Europa l’Ordine di Malta ha in corso programmi umanitari per i migranti, fra gli altri, in Austria (minori non accompagnati, corsi di lingua tedesca, avviamento al lavoro); in Francia (un Centro a Parigi per l’assistenza sanitaria, abitativa e l’integrazione di 500 famiglie); in Ucraina (Malteser International fornisce supporto psicologico a Kiev, Lugansk e Donetsk a circa 4200 sfollati dalla regione orientale del Paese; avvio di corsi di primo soccorso per le scuole e la popolazione locale); in Spagna (assistenza alimentare e sanitaria); in Turchia.
Nelle altre aree regionali, merita segnalare alcuni programmi più significativi dell’Ordine di Malta attraverso le sue strutture operative in Colombia (in favore dei migranti venezuelani); a Panama (corso di formazione sull’accoglienza dei migranti); a El Salvador (studio di valutazione sul rimpatrio dei salvadoregni espulsi dagli Stati Uniti); in Libano ed in Iraq (assistenza medico-sanitaria alla popolazione locale ed ai rifugiati – progetto pilota a Ninive per l’aiuto umanitario e la tutela delle minoranze); in Palestina (Ospedale della Santa Famiglia a Betlemme ove hanno partorito oltre 4200 donne in prevalenza musulmane negli ultimi anni); in Uganda (accoglienza dei migranti dai Paesi limitrofi).
Per quanto riguarda l’Italia va evidenziata l’opera di team medico-sanitari volontari del “ Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta” (CISOM) per la prima assistenza ai migranti nel Mediterraneo – che deve continuare ad essere quell’area di convivenza, di dialogo interculturale e di scambi commerciali che ha simbolicamente rappresentato nel corso dei secoli – svolta in collaborazione con le unità della Marina Militare, Guardia Costiera e Guardia di Finanza italiane e che in 10 anni ha contribuito ad effettuare oltre 200.000 salvataggi in mare.
Sempre nel Mediterraneo l’Ordine sta promuovendo programmi di formazione sui diritti umani nel fragile Stato libico attraverso il dialogo con i rappresentanti locali e le agenzie internazionali.
In conclusione, alcuni più recenti Progetti dell’Ordine di Malta coerenti con la sua attenzione e l’impegno nei riguardi del fenomeno delle migrazioni:
a) Nomina di due Ambasciatori ‘at large’ per monitorare e combattere l’odioso fenomeno del traffico di esseri umani: uno opera da Ginevra nella Rappresentanza permanente dell’Ordine presso le Nazioni Unite e l’altro a Lagos con competenza per l’Africa sub-sahariana. In tal modo l’Ordine intende allertare e sensibilizzare la comunità internazionale, mobilitando la società civile e la coscienza pubblica, al fine di promuovere specifiche politiche e concrete azioni congiunte per contrastare le nuove forme di schiavitù e di offesa della dignità umana, ad esempio incoraggiando l’introduzione di rigide leggi sulla produzione di beni di consumo, oppure per combattere il vergognoso traffico di organi che genera un illecito giro di affari per oltre un miliardo di dollari. Inoltre, un Centro per l’assistenza di donne vittime della prostituzione è stato aperto recentemente a Lagos.
b) Nomina di un Ambasciatore ‘at large’ per le nuove forme di esclusione che toccano la dignità di quanti ne sono colpiti, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con il magistero di Papa Francesco che nel suo Messaggio per la Giornata dei migranti 2019 ha stigmatizzato come “in questo scenario, i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta sono diventati emblema dell’esclusione perché, oltre ai disagi che la loro condizione di per sé comporta, sono spesso caricati di un giudizio negativo che li considera come causa dei mali sociali”. Compito dell’Ambasciatore ‘at large’ sarà quello di approfondire le tematiche dell’esclusione e di elaborare proposte operative nei settori di specifica conoscenza ed esperienza dell’Ordine.
c) Elaborazione di un ‘Compact’ contenente principi e linee guida sul contributo delle comunità religiose e delle istituzioni a base religiosa per la soluzione delle situazioni di crisi e per mitigarne gli effetti sulle popolazioni interessate e per migliorare l’inoltro e la distribuzione degli aiuti umanitari Il “Religious Compact” (provvisorio titolo di lavoro) è un work in progress avviato recentemente dall’Ordine di Malta insieme ad un ristretto gruppo di esperti religiosi, in particolare cristiani e musulmani, ed al think tank inglese ‘Forward Thinking’ con cui l'Ordine collabora proficuamente, nell’ambito dei seguiti del Summit Umanitario Mondiale (WHS) di Istanbul del maggio 2016, alla cui preparazione ed al cui svolgimento l’ Ordine di Malta ha attivamente contribuito. Il suddetto Gruppo di lavoro sta elaborando un draft del Documento, che sarà circolato ad un più ampio gruppo di esperti al fine di pervenire ad un testo definitivo non vincolante che comprenda principi e valori condivisi dalle varie religioni e linee d’azione congiunte per l’attività umanitaria degli esponenti religiosi e delle istituzioni a base religiosa (FBOs) in favore delle popolazioni colpite dalle situazioni di crisi e di emergenza naturale. Il Documento è focalizzato sulle relazioni tra comunità cristiane e musulmane, che sono le comunità maggiormente coinvolte in situazioni di crisi, ma i principi e le linee guida in esso contenuti possono essere condivisi dalle altre religioni.
Due considerazioni finali.
L’Africa – ed in particolare l’Africa sub-sahariana - non è soltanto la terra di origine dei migranti, della disperazione, delle carestie, delle pandemie, della estrema povertà e dei bambini denutriti. Essa è un continente dall’economia in notevole crescita, dove la democrazia avanza ed è possibile per l’Europa fare investimenti, offrire opportunità di lavoro e favorire la formazione di dirigenti qualificati. Essa è anche la terra della fiducia, della speranza, del progresso, dei panorami struggenti e dei bambini che sorridono.
Infine, una riflessione dello scrittore, poeta e saggista marocchino Tahar Ben Jelloun: “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo”.