16 Septiembre 2019 17:30 | Sala Antonio Palacios, Círculo de Bellas Artes
Intervento di Nobuyuki Ainoya
Buonasera a tutti. È un grande onore per me essere tra questi illustri relatori dell’incontro “Peace With No Border”. Mi chiamo Nobuyuki AINOYA dell’Istituto di Ricerca Accademico Chūō della Risshō Kosei-kai, che si trova a Tokyo, in Giappone. La Risshō Kosei-kai è un movimento di laici buddisti, da sempre impegnata nel dialogo interreligioso.
Dopo la distruzione provocata dalla Seconda Guerra Mondiale, l’economia asiatica ha visto un notevole progresso. Un progresso che è stato spesso chiamato come “il miracolo dell’economia asiatica”, in cui, in base al concetto dei vantaggi - in termini di risorse naturali, umane e altri tipi di risorse - derivanti dall'economa comparativa, i Paesi meno industrializzati hanno ricevuto investimenti diretti da Paesi più avanzati. Grazie all’utilizzo efficiente di dette risorse, alcuni Paesi sono diventati più industrializzati, iniziando, a loro volta, a cercare Paesi dove investire e trarne vantaggi.
Anche se da una parte l’efficienza economica porta in generale all’aumento di prodotti e servizi in un Paese, questa è spesso il risultato di metodi disumani e non sostenibili. Infatti, non solo in Asia, ma anche in altre parti del mondo, vi sono tutt’ora sfide aperte, quali le ineguaglianze, le epidemie, il cambiamento climatico e i conflitti violenti.
Quando viene data più importanza all’aspetto puramente economico, allora il progresso economico diventa un obiettivo, piuttosto che essere considerato un “mezzo” per migliorare la vita umana. Le persone sono considerate come individui a se stanti che devono soddisfare, nella maniera più completa possibile, i propri interessi personali. Non solo. A livello comportamentale, si trovano a dover fare delle scelte le più razionali possibili. Pertanto il progresso economico è spesso considerato come rispondente al concetto di individuo come un'entità a sé stante, senza alcun legame con gli altri.
Quando l'individuo è ridotto a tale dimensione della vita umana, iper-semplificata ma certamente efficace, diventa possibile prevedere il comportamento dei singoli, e quindi, attraverso l'analisi istituzionale (institutional analysis) giungere ad inserire questa in uno schema di comportamento collettivo.
D’altro canto, Adam Smith, nella sua “Teoria dei Sentimenti Morali” (1759), descrive che il comportamento umano è influenzato dal sentimento della simpatia e dai propri interessi. Ha scritto: “ […] sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni principi che lo rendono partecipe delle fortune altrui, che rendono per lui necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla. […]” . Uno di questi principi è “[…] la pietà o compassione, l’emozione che proviamo per la miseria altrui, quando la vediamo, oppure siamo portati a immaginarla in maniera molto vivace […]”. Inoltre Smith aggiunge che i sentimenti e le azioni degli altri vengono giudicati se appropriati o meno. Pertanto, Smith pone la simpatia come fattore determinante per poter immaginare i sentimenti e le azioni altrui, onde poter giudicarli e decidere se confacenti come base dei sentimenti morali umani.
Come Smith ha sottolineato, pur in maniera semplicistica, noi siamo intrinsecamente connessi. In altre parole, ci riteniamo essere così profondamente interdipendenti, che siamo influenzati dai sentimenti e dalle azioni degli altri e viceversa, che, di conseguenza, socialmente parlando, crea la realtà del nostro mondo. Allo stesso modo ci ritroviamo in conflitti, dove gli uni sono contro gli altri, nella misura in cui ci sentiamo in competizione. Non solo, ma riusciremo a sentire la condivisione di questa stessa vita, nella misura in cui riusciremo a percepire questa nostra interdipendenza.
Nel Buddismo Mahāyāna vi è un insegnamento molto importante, che è il concetto del Vuoto, secondo il quale tutte le cose del mondo sono prive della “propria natura”, ossia che le cose non hanno una loro essenza intrinseca, che prescinda dalle altre cose. Dal momento che siamo interdipendenti e parte integrante dell’Unità della vita, siamo incoraggiati ad essere compassionevoli e premurosi nei confronti degli altri.
Facciamo un esempio. Per colazione ho mangiato una banana. La banana potrebbe essere stata raccolta da un ragazzo povero, che lavora in una grande coltivazione di banane nelle Isole Mindanao nelle Filippine, a capitale straniero. Se fosse così, quel ragazzo non solo mi sostiene, ma si potrebbe addirittura dire che viva in me. Riesco a immaginare chiaramente le difficoltà e le sfide che il ragazzo deve affrontare. Se da una parte la contraddizione della sua sono frutto dell’economia comparativa, di cui ho accennato prima, dall’altra sono io, quello che ha tratto benefici da una struttura societaria, che io stesso ho contribuito a creare, sebbene in maniera parziale. Quindi, quando mangio una banana, in maniera più o meno cosciente, assimilo tutte queste contraddizioni del mondo.
Bisogna andare oltre il concetto della natura umana come quello di un individuo completamente scisso dagli altri e capire che gli esseri umani sono interdipendenti e parte integrante di questa grande rete dell’Unità della vita e siamo chiamati ad avere simpatia, che ci permette di immaginare i sentimenti e le azioni degli altri, giudicandone così l’idoneità e, nel caso in cui non siano idonei, dovremmo prendere atto delle nostre responsabilità, in modo da poter costruire un mondo più giusto attraverso la compassione.
Per concludere, bisogna anche dire che le attività economiche sono in realtà positive e, proprio grazie a dette attività, è possibile avere una crescita economica. Tuttavia, questa crescita deve essere fatta sulla base della “simpatia”, di cui parla Smith, e dell’interdipendenza, insegnata dal Buddismo Mahāyāna. Altrimenti è necessario che ci impegniamo ancor di più, affinché si possano correggere queste ineguaglianze e si possa recuperare la nostra dignità.
Grazie per la cortese attenzione.