16 Septiembre 2019 10:00 | Sala Ramón Gómez de la Serna, Círculo de Bellas Artes
Intervento di Jean-Dominique Durand
La Comunità di Sant’Egidio ci invita a riflettere sul tema dell’Europa, come famiglia di popoli. Propongo una riflessione in tre tempi: l’Europa come mosaico di popoli; l’Europa come terra di conflitti; la nascita di una comunità.
L’Europa, un mosaico di popoli
Mosaico di popoli, varietà delle culture.
Diversità delle lingue.
Diversità dei modi di vita.
Nazioni, ma, all’interno delle nazioni, specificità linguistiche e culturali.
Come superare queste differenze, la pluralità che caratterizza l’Europa, per mettere in risalto l’unità europea? Dal punto di vista religioso, l’Europa è storicamente segnata dal pluralismo, il che non esclude la forza dell’impronta [data dal] cristianesimo. Si può discernere una memoria ebraica, antica, giacché una presenza ebraica a Roma è attestata già a partire dal primo secolo avanti Cristo. Questa memoria è costituita di dolori, dall’espulsione degli Ebrei dalla Spagna alla Shoah. [Ma] essa è tanto più importante nella misura in cui [proprio] dal genocidio degli Ebrei è sorta la coscienza della necessità di costruire in un altro modo l’Europa. Bisogna tener conto anche delle memorie legate agli scismi e in particolare della rottura tra Latini e Greci nel 1054, con un doppio anatema, lanciato da Roma e da Costantinopoli. La cristianità latina si è lacerata nel sedicesimo secolo con la Riforma protestante, essa stessa piena di sfumature e di divisioni interne.
Emmanuel Todd parla della “frammentazione antropologica” dell’Europa. Denis de Rougemont notava, nei suoi Scritti sull’Europa, che
“questa condizione di polemica permanente, a proposito dei principi fondamentali di ogni cultura o di ogni civiltà, non ha prodotto soltanto anarchia e guerre. Ha costretto le élite, ed attraverso esse la parte attiva delle masse europee, a sviluppare quelle che vorrei chiamare le tre virtù cardinali dell’Europa: il senso della verità oggettiva, il senso della responsabilità personale e il senso della libertà”.
Edgar Morin parla di “brodo di coltura” e di “vortice culturale”, per qualificare l’Europa.
Orbene, l’Europa costituisce l’area del mondo più densa di incontri tra i popoli e le tradizioni culturali. In ciò si trova l’anima dell’Europa.
L’Europa, terra di conflitti
La guerra farebbe parte del DNA dell’Europa? O piuttosto dell’umanità?
Siamo costretti a constatare che, al di fuori della pax romana, i periodi di pace sono rari. Ma la pace imposta da Roma ha riguardato solo una parte dell’Europa ed ha finito per essere distrutta dai popoli che ne stavano fuori.
La cristianizzazione non ha portato ad una pace generalizzata: il cristianesimo ha tentato di umanizzare la guerra, di limitarla nel tempo ([pensiamo alla] “tregua di Dio”), di limitarne le conseguenze: [pensiamo alle] riflessioni dei teologi sul concetto di “guerra giusta” (Agostino, Tommaso d’Aquino, …).
Le guerre in terre cristiane: la guerra dei Cent’anni, la guerra dei Trent’anni, ecc. … Ma anche guerre tra cristiani (le cosiddette guerre di religione), ancora vive poco tempo fa, come in Irlanda.
L’abominio delle guerre del ventesimo secolo. Il genocidio degli Armeni nell’Impero ottomano interroga la coscienza europea. La prima [guerra], causata dalle ideologie imperialiste. La seconda [guerra], causata dalle ideologie totalitarie.
1945: il vuoto. Europa, anno zero. Si veda il film di Roberto Rossellini Germania anno zero. Il 25 aprile 1945, le truppe americane e l’Armata rossa si ricongiungono sull’Elba, a Torgau. L’Europa non esiste più.
L’Europa, una comunità
Dopo il trauma delle due guerre. Necessità assoluta di costruire una nuova Europa: riflessioni nei campi [di prigionia] e nei movimenti di Resistenza. L’idea di un’Europa federale: Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, il Manifesto di Ventotene.
La soluzione comunitaria: Robert Schuman e Jean Monnet: la Dichiarazione del 9 maggio 1950.
La messa in comune del carbone e dell’acciaio: un’idea rivoluzionaria:
“Così, verrà realizzata, semplicemente e rapidamente, la comunione di interessi indispensabile per l’istituzione di una comunità economica, e verrà immesso il fermento di una comunità più ampia e più profonda tra paesi a lungo separati da sanguinose divisioni”.
Comunità significa messa in comune, gestione comune e condivisa di prodotti essenziali. Significa dar vita a un destino comune.
Il termine è molto forte. Lo stesso Robert Schuman ne ha sottolineato la portata rivoluzionaria, in un documento indirizzato a tutte le ambasciate francesi all’estero, al fine di esplicitare le proprie intenzioni. La creazione di una comunità europea doveva costituire un atto radicalmente nuovo, di rottura rispetto alla diplomazia tradizionale, basata su trattati. Ma la fragilità dei trattati è cosa conosciuta.
La parola “comunità” proviene dal cristianesimo: comunità religiosa; Comunità di Sant’Egidio. Un’eredità dei monasteri. Paolo VI diceva che l’Europa è nata dalla Croce, dal Libro e dall’aratro, un trittico che ricorda l’opera dei monasteri, in particolare benedettini, sui piani spirituale, culturale ed economico: l’Ora et labora del monachesimo medievale, cioè la combinazione di contemplazione ed azione sociale.
Molto più forte della parola “famiglia”, perché la parola “comunità” dà vita a relazioni forti. Anche se le Comunità europee hanno scelto (sotto la pressione britannica!) di abbandonare questo termine per quello, più blando, di “Unione”, ciò non toglie che l’Unione europea sia proprio una comunità; certo, con le sue debolezze e i suoi problemi di funzionamento, ma anche con la sua forza e la sua solidità, perché i legami creati sono inestricabili e difficili da spezzare, come dimostra la saga della Brexit.
Questa solidità è fondamentale nel momento in cui, in Europa, ricompare il nazionalismo. Il cardinal Poupard [lo definisce]: “peccato intellettuale che dà l’illusione di essere i soli ad aver ragione, e peccato morale che si nutre dell’illusione di essere migliori degli altri”. L’Europa vede emergere nel proprio seno nuove paure, nuovi ripiegamenti su di sé, se non addirittura dei neo-nazionalismi, che tendono ad esacerbare l’idea di confine e ad esaltare, a manipolare, un cristianesimo inteso come unico elemento fondante dell’Europa. La comunità ha reso possibile la pace in Europa da 75 anni a questa parte.
In Europa c’è stato un altro periodo di pace: tra il 1815 e gli anni Sessanta dell’Ottocento. Era la pace edificata nel 1815 dal Congresso di Vienna, al termine delle guerre napoleoniche. Una pace fondata sui trattati della Santa Alleanza. È durata circa 65 anni. Ma [aveva] un punto debole: [era] fondata su governi autoritari e su fragili trattati. Non ha resistito alla montata dei nazionalismi ed alle pretese imperialistiche degli Stati-nazione.
L’Europa comunitaria è l’esatto opposto.
La comunità è un metodo: deleghe di sovranità, dialogo organizzato tra gli Stati membri, istituzioni comuni, ricerca dei compromessi. Ma è anche valorizzazione di ciò che è comune: le eredità ebraico-cristiane e greco-romane, una certa idea dell’uomo inteso come persona, i diritti umani, la solidarietà tra paesi e tra regioni all’interno dell’Europa ma anche col resto del mondo, il rispetto delle culture nazionali. Come diceva Paolo VI nel 1977 al Consiglio d’Europa:
“[L’Europa] ha una particolare responsabilità di testimoniare, nell’interesse di tutti, valori essenziali come la libertà, la giustizia, la dignità personale, la solidarietà, l’amore universale e reciproco”.
Nel suo solco, Giovanni Paolo II dichiarava ai Presidenti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione europea, il 23 settembre 2000:
“L'Unione europea non [deve] dimenticare di essere la culla delle idee di persona e di libertà, e che queste idee le derivano dal suo essere da tempo pervasa dal cristianesimo. […] Che l'Unione europea possa conoscere un nuovo sussulto d'umanità! Che sappia ottenere il consenso necessario per inscrivere fra i sui ideali più alti la tutela della vita, il rispetto dell'altro, il servizio reciproco e una fraternità senza esclusioni!”.
Costruire l’unità dell’Europa è difficile, complesso, ma si tratta di una straordinaria invenzione umana. Al termine di secoli di combattimenti, degli statisti hanno deciso che lo stato di guerra fosse finito e che bisognasse mettere in pratica un’idea innovativa per l’Europa. L’idea di comunità è più che mai attuale, nella misura in cui i nostri tempi sembrano segnati da un nuovo irrigidimento di queste frontiere spirituali.