15 Octubre 2018 18:00 | Cinema Perla

Intervento di Bernice King



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Bernice A. King

Pastora bautista e hija de Martin Luther King, EEUU
 biografía

LA NON VIOLENZA: UNA NUOVA DEFINIZIONE DI GRANDEZZA

Jennifer (The King Center): Buonasera, c’è una parte di questo discorso, uno dei più famosi di Martin Luther King, “I have a dream” che afferma “Ho un sogno, che un giorno in Alabama i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle”. Diversi decenni dopo sono nata io, una ragazza bianca dell’Alabama, che è diventata una cara amica della sua figlia più piccola. Il suo sogno è ancora in vita. Bernice King, ho avuto il privilegio di supportarti nel tuo lavoro al King Center negli ultimi anni. Non solo ti chiamo dottoressa King ora, ma ho anche il privilegio di chiamarti mia amica, e quando sediamo a tavola ti chiamo Bernice. Stasera vorrei invitare tutti gli studenti qui a chiamarti Bernice: siamo tutti amici.

Bernice King: Certamente.

Jennifer: Ho avuto l’onore di conoscere di prima mano da Bernice storie su quella persona che chiama “papà”. Vorrei che ogni studente qui stasera avesse lo stesso privilegio di sedere con te e parlarne. Vorremmo creare per voi un momento di conversazione con Bernice per imparare la metodologia e la filosofia della non violenza. Molto velocemente prima di iniziare, voglio consigliare caldamente ad ogni giovane in questo teatro di trovare qualcuno di più grande di età, diverso da voi in etnia, nazionalità, prospettiva religiosa e anche prospettiva politica. Anche se non siete d’accordo completamente con quell’individuo, imparate ad amarlo e a rispettare la sua umanità. Questo cambierà la traiettoria della vostra vita e del mondo.
Bernice, mi hai parlato spesso della filosofia e della metodologia della non violenza di tuo padre. Conosciamo tutti la sua storia ed è evidente che avesse la capacità di cambiare le grandi costruzioni sociali. Ma mi hai detto anche che era un modo di vivere per lui. Puoi raccontarci cosa hai imparato da lui e come possa essere applicato nella vita concreta?

Bernice King: Buonasera a tutti. Voglio ringraziare l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi e la Comunità di Sant’Egidio per avermi invitata a essere qui con voi stasera. Mio padre credeva davvero che la non violenza potesse risolvere le cruciali questioni morali e politiche. Credeva che potessero essere risolte attraverso questa filosofia e metodologia della non violenza che ora chiamiamo Non Violence 365.
Per lui era un modo sistematico di pensare e di comportarsi, e che guidava ogni affare quotidiano. La dignità di ciascuna persona è rispettata a prescindere dallo status, dalle condizioni e dal comportamento.
La non violenza non era solo una tattica da usare in ogni sorta di lotta per la libertà, ma era proprio un modo di pensare, di vedere gli altri e un modo di parlare e comportarsi. Dopo aver studiato il pensiero del Mahatma Gandhi, di Reinhold Niebuhr e David Thoreau, di filosofi e teologi, ha sviluppato la sua filosofia della non violenza. Era capace di trovare fili di verità in ognuna di queste diverse persone e di intrecciali in un’integrale filosofia di vita. Spesso dico che mio padre era alla ricerca della verità, cioè non aveva paura di imparare e di estrarre pensieri da diversi sistemi di credenze che potessero essere diversi dal suo e scoprire frammenti di verità in quel sistema. È come mescolare diversi ingredienti, come facciamo col cibo per creare un nuovo piatto. Aveva sviluppato dunque sei principi:La non violenza non è passiva, ma è un modo di vivere per persone coraggiose.

  1. La non violenza cerca di vincere in amicizia e comprensione.
  2. La non violenza cerca di sconfiggere l’ingiustizia, non le persone. E così le persone non sono il bersaglio, ma lo sono l’ingiustizia e le iniquità.
  3. La non violenza crede che la sofferenza può educare e trasformare, che la sofferenza non meritata può essere un’esperienza di redenzione.
  4. La non violenza sceglie l’amore invece dell’odio. In altre parole la non violenza è più di una questione fisica e si concentra sul proprio mondo interiore.
  5. La non violenza crede che l’universo sia dalla parte della giustizia.


Come potete vedere, ascoltare, leggere e studiare questi principi, mio padre credeva insomma che le nostre vite siano in relazione e interconnesse, che c’è un’interdipendenza nell’umanità, e quindi ci dobbiamo concentrare sull’elevare la nostra umanità. Inoltre, credeva che la preservazione dell’altro fosse la prima regola, e non la preservazione di se stessi. Infine, come pastore cristiano, credeva nel Discorso della Montagna di Gesù in cui diceva: “amate i vostri nemici”, “benedite coloro che vi maledicono”, “fate del bene a coloro che vi odiano” e “pregate per coloro che vi maltrattano”. La filosofia di mio padre era fondata sull’agape, come amore, che significa un amore incondizionato per tutta l’umanità. È l’amore di Dio, che opera nei nostri cuori, che non cerca niente in ritorno ma cerca di dare.

Ci sono sei passi per la non violenza, ma finché non riesci a rispettare i principi come tali, seguire questa strada non porterà a una soluzione dei conflitti, perché per mio padre l’intero approccio si fonda sulla riconciliazione. Prendeva molto seriamente le parole dell’apostolo Paolo su Gesù quando diceva che Lui “ci ha dato il ministero della riconciliazione”. I sei principi sono la ruota e i sei passi sono le abilità, l’aspetto pratico. Quando seguite questi passi,  non dimenticatevi dei sei principi:

  1. Raccogliere le informazioni. Molti problemi e conflitti accadono perché le persone non cercano il riscontro nei fatti. Alcune volte il conflitto e la tensione è generata da incomprensioni e ignoranza e per questo raccogliere le informazioni è molto importante.
  2. L’educazione. Educare chi subisce la tensione, il conflitto, l’agitazione o l’ingiustizia. Questo significa anche educare i nemici.
  3. L’impegno personale. Significa tirar fuori le proprie motivazioni. Consiste nello spronarsi ad adottare modi non violenti.
  4. Le negoziazioni ed il dialogo. La negoziazione è molto importante. Molte volte le persone entrano in una protesta o in una manifestazione prima di aver cercato il dialogo e la negoziazione. Per il dr. King la negoziazione era molto importante e precedeva qualsiasi genere di azione diretta come manifestazioni, proteste e boicottaggi.
  5. L’azione diretta, che per il dr. King consisteva nel provocare la tensione giusta per portare le persone a lottare a un tavolo di negoziazione, se i primi confronti falliscono. L’obiettivo non è colpire l’altra persona, ma di provvedere a creare la pressione giusta per far rendere conto persone, gruppi e individui dell’importanza di tornare al tavolo delle negoziazioni per ragionare su una soluzione definitiva.
  6. La riconciliazione è l’ultimo passo. In altre parole, se seguite i suoi principi, se credete in essi e li fate vostri, e se seguite i sei passi, crediamo che riuscirete a creare l’atmosfera e l’opportunità per dare luogo alla riconciliazione.


Jennifer: La nostra amicizia funziona così. Ascolto molto, faccio domande e dunque ascolto e imparo. Una delle tue storie che più mi ha colpito viene - penso - da uno degli insegnamenti di tuo padre, che ha detto “ho deciso di amare, l’odio è un peso troppo grande da portare”. Penso che tutti gli esseri umani abbiano la capacità di odiare e di amare. Ognuno di noi ne ha fatto esperienza in diversi momenti della propria vita. C’è una storia che hai condiviso con me, che ti chiedo di condividere con gli studenti oggi, sul periodo in cui hai dovuto lottare contro questo fardello dell’odio. Tuo padre è stato ucciso da un uomo bianco in America, quando avevi cinque anni. Anzi, devo cambiare la frase: tuo padre è stato ucciso in America quando avevi cinque anni. In altre parole, in quel tempo, Martin Luther King era una delle persone più odiate negli Stati Uniti. Per molti anni, per le tensioni razziali attorno alla sua morte, mi hai detto che hai dovuto lottare contro il tuo istinto di odiare, in particolare, gli uomini bianchi. Puoi parlarci della tua storia e di questo percorso che hai fatto per cambiare? Per davvero la filosofia di tuo padre sulla non violenza ha operato sulla tua vita.

Bernice King: Jennifer ha già raccontato la storia. Avevo circa venti anni e iniziai a odiare veramente le persone bianche e gli uomini bianchi. Avevo molto dolore e molta rabbia che sono cresciute negli anni come risultato di quel che accadde a mio padre e di ciò che vedevo accadere alle persone nere. Un giorno ero a un talk show cristiano e il signore che mi stava intervistando era un uomo bianco e stavo parlando del dolore per la perdita di mio padre e delle difficoltà di crescere senza un padre e nel mezzo dell’intervista mi ha chiesto se potesse darmi un abbraccio. Ora, ricordatevi che io odiavo gli uomini bianchi. Dentro di me pensavo “no, non puoi”. Tuttavia, dato che mia madre mi ha cresciuto in una maniera più dignitosa, ho detto “certo”. È stato uno degli abbracci più veri che io abbia mai ricevuto. È tutto iniziato da me, dal trasformare i miei sentimenti e le mie emozioni. Ho intrapreso un viaggio, un cambiamento radicale. Quando viaggio in aereo, mi ricordo di un signore bianco che ha preso il mio giacchetto e mi ha chiesto “posso coprirti?”. Quello che stava accadendo è che iniziavo a comprendere lentamente che non si possono categorizzare le persone in gruppi, perché ogni individuo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Inoltre, dal momento che portavo tanta rabbia e asprezza e odio nel mio cuore, ciò mi faceva stare male fisicamente. Dovevo lasciare questo peso. Ho sentito qualcuno una volta dire: “l’odio è come bere del veleno e aspettare che l’altro muoia”. L’odio danneggia di più la persona che odia, piuttosto che la persona che è odiata. L’odio per me era diventato “un peso troppo grande da portare”. Ora il percorso che ho intrapreso è quello di apprendere come vedere gli altri a somiglianza di Dio e di amare il loro cuore nel mio cuore.

Jennifer: Posso dire, standole vicino, che vive questi insegnamenti nella vita di tutti i giorni, non solo in pubblico, ma anche in privato. Mi hai anche parlato di come l’insegnamento di tuo padre sulla non violenza sia stato confuso da qualcuno per passività. Tuo padre una volta ha detto: “Le nostre vite finiscono il giorno in cui stiamo in silenzio rispetto a ciò che conta”. Inoltre credeva che la vera pace non fosse solamente l’assenza di tensione, ma fosse la presenza della giustizia. Cosa diresti ai giovani per affrontare i problemi di ingiustizia che incontrano?

Bernice: Parlando dei passi da fare personalmente nella non violenza, è importante comprendere come gli esseri umani siano connessi in questo universo. E dobbiamo avere il cuore, la mente e l’atteggiamento per abbracciare l’ingiustizia, le iniquità e il male, in modo da non agire come fa il male. La moglie dell’ex presidente, la first lady Michelle Obama ha detto una cosa l’anno scorso, ma se ne è tornato a parlare di recente: “quando gli altri volano basso, noi voliamo alto”. La non violenza consiste nell’operare su un piano alto di dignità e disciplina. È passiva nel senso che è non violenta nel tono, nell’atteggiamento, nella prospettiva, ma è attiva dal punto di vista della mente, delle emozioni e dello spirito. Resiste al male e alle iniquità, usando i principi di cui vi ho parlato. Per fare un esempio, nel mio paese, gli Stati Uniti d’America, quando c’è una protesta tra i cittadini, le forze dell’ordine e la black community, le persone protestano per far sentire la propria voce, mostrano dei cartelli, ma alle volte la loro comunicazione, le parole che dicono hanno qualcosa di violento, talvolta sono insulti - e tengono in mano cartelli per manifestare per il diritto alla vita, alla dignità e al rispetto - sicché quello che esce fuori dalla loro bocca li allontana dall’imbracciare la non violenza. Ma voglio essere chiara su un punto, perché molte persone pensano e credono - e lo capisco - che ci sia bisogno di un po’ di violenza per cambiare le cose. Non sono d’accordo, perché la violenza ha sempre in sé semi di violenza che lascia sul campo. Per papà non puoi giungere a una conclusione pacifica usando mezzi violenti. Quando usi la non violenza, usi uno strumento e un’arma, ma un’arma che è caricata di amore incondizionato, dedizione alla giustizia, all’equità e impegno per la dignità anche dell’altro, quindi non è passiva.

- Domande dal pubblico -

Valentina: Salve dottoressa King, sono Valentina. La mia domanda parte da una confessione. È stato strano per me vedere quel video che lei avrà visto tante volte. Per me, che ho venti anni, sembra qualcosa di vecchio, ma non lo è ai suoi occhi. Il mondo sembra peggiorare in un certo senso, perché non ci sono più persone con la forza di Martin Luther King. Vede il cambiamento nel mondo? Vorrei sentire da lei qualcosa di positivo per far entrare la non violenza nelle nostre vite.

Bernice: Voglio iniziare da qualcosa che mia madre mi ha detto e che mi ha aiutato a non perdere la speranza di fronte a un mondo che non sta peggiorando, ma che è molto difficile e pieno di sfide. Diceva: “La lotta è un processo senza fine. La libertà non è mai vinta una volta per tutte, la guadagni e la vinci in ogni generazione”. Mi dà speranza vedere giovani come quelli emersi durante “Black Lives Matter”, che si battono per la giustizia; quando vedo giovani come quelli che hanno marciato contro le armi in America, “March for Our Lives”; quando vedo le più giovani generazioni in ogni paese cercare e desiderare un mondo migliore, questo mi dà speranza. Mi scoraggia invece vedere persone apatiche e indifferenti, e per un periodo ho visto un progresso nel mondo e credo che le persone si siano rilassate e non si sono rese conto che bisogna rimanere vigili per assicurarsi che certe libertà siano protette e che altre libertà progrediscano. C’è una cosa che mio padre ha detto, e che spero che questa generazione sconfessi. Credo in molte delle sue parole, ma in questa spero che abbia torto. Diceva: “I figli dell’oscurità sono più determinati dei figli della luce”. Troppo spesso le persone di buona volontà, persone dei figli della luce, i figli della coscienza  non sono così vigili, così diligenti, quindi dobbiamo sempre sentirci coinvolti nei nostri paesi e nelle nostre nazioni, come cittadini per assicurarci che i diritti delle persone, e soprattutto la dignità e il lavoro di tutte le persone siano riflesse nelle nostre politiche, pratiche, istituzioni e organizzazioni. Se pensate che un giorno arriveremo a un’utopia, allora continuate a sognare, perché la vita non è così come sembra.

Alessio: Buonasera, sono Alessio e appartengo alla Comunità di Sant’Egidio di Bologna. Ogni venerdì pomeriggio cerchiamo di incarnare i principi e i passi della non violenza di cui ha parlato suo padre, e lei. È difficile perché incontriamo i poveri, le ingiustizie che subiscono e la loro sofferenza. Come possiamo continuare a sperare nella non violenza vedendo le ingiustizie e la violenza di cui sono vittime i poveri?

Bernice: La violenza non funziona. L’unico modo è abbracciare la non violenza. Penso che quando sei giovane, hai un ideale sul mondo ed è molto difficile capire che la vita viene anche con sofferenze e lotta. Quello che devi fare, nell’accettarlo, è volere essere una speranza. Quello che intendo è quello che Gesù ha detto ai suoi discepoli: “voi siete la luce del mondo” e continuava dicendo “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. La luce è cruciale. Se vi chiedessi di spegnere le luci, di chiudere tutte le porte, diventerebbe tutto molto buio. Nel buio se qualcuno di noi provasse a muoversi, finirebbe per scontarsi con l’altro, facendogli male, senza tener conto l’uno dell’altro e se tu diffondi la tua luce puoi avere l’istinto di proteggere solo te stesso dal buio. Quello che stiamo vedendo nel mondo, credo, è che c’è molta oscurità, che è la povertà, perché non c’è una luce abbastanza consistente. Puoi avere oscurità solo in assenza di luce. Questo è il motivo per cui, come giovane, devi sempre agire su un livello alto di dignità e disciplina, facendo sentire la tua voce per ciò che è giusto e lavorare insieme agli altri come una comunità per eliminare la povertà, e non è facile perché ci sono molte parti differenti, le politiche, le malattie mentali e altre condizioni, l’avidità e l’egoismo  - sapete - tante cose. Ma se in più di noi siamo luce, e lavoriamo insieme e ci prepariamo per assumere una leadership, allora possiamo iniziare a fare scelte differenti per cambiare le condizioni nelle nostre comunità.

Chiara: Buonasera, il mio nome è Chiara e solo della Comunità di Sant’Egidio di Genova. Io e molti altri giovani in tante città incontriamo i bambini delle periferie e realizziamo quella che chiamiamo “Scuola della Pace”, quindi abbiamo ascoltato con attenzione i sei principi e i sei passi che ci ha illustrato e ci stiamo chiedendo come possiamo comunicarli ai bambini. Con loro vogliamo imparare a vivere insieme tra le differenze. Grazie.

Bernice: Vi leggo qualcosa che ho ricevuto oggi. Un signore che ho conosciuto negli Stati Uniti non sapeva che tu mi avresti fatto questa domanda, ma ha scritto: “se hai modo, vorrei condividere con te qualcosa che mia figlia Zoe ha condiviso con me”. La classe di Zoe, di una scuola del Bronx a New York, ha scritto una costituzione di classe, sancendo dei valori e delle aspettative su come trattarsi l’un altro. Le cinque regole sono: sii gentile, prenditi cura di te stesso, ognuno può giocare e imparare, mantieni tutto a posto e bello, divertiti.

Jennifer: Penso che questo sia un bel modo di concludere. Sta prevalendo in questi tempi una certa idea di grandezza: essere grandi significa avere un certo posto nella società forse; avere spazio nei titoli del giornale, col proprio nome; avere uno specifico titolo in un organizzazione; avere un certo numero di follower sui social, ma realisticamente parlando la maggior parte di noi non otterrà mai alcune di queste cose e spesso ciò lascia i giovani col sentirsi esclusi dalla grandezza. Tuo padre aveva una differente definizione di grandezza. Puoi definirla?

Bernice: Molti di noi conoscono le Scritture. Gesù parlò della grandezza e disse: “chi vuol essere il primo, sia servo di tutti”. Mio padre disse questo in commento a questo passo: “ognuno può essere grande perché ognuno può servire”. Non devi avere un diploma per servire, non devi conoscere Platone o Aristotele, non devi conoscere la teoria della relatività di Einstein per servire e non devi nemmeno conoscere la seconda legge della termodinamica. Hai bisogno di un cuore pieno di grazia e di un’anima generata dall’amore. Questo è ciò che Egli ci ha dato, una nuova definizione di grandezza. Chiunque abbia un cuore pieno di grazia guidato all’amore è grande.

Trascrizione da audio registrato a cura di redazione www.santegidio.org