12 Septiembre 2011 09:00 | Künstlerhaus am Lenbachplatz, Festsaal
RELIGIONI E COMUNICAZIONE NELL’ERA DEI SOCIAL NETWORKS DI DANIEL DECKERS
Gentili Signore e Signori,
quando alcuni mesi fa ho ricevuto l’invito a partecipare all’incontro per la pace della Comunità di Sant’Egidio e ad intervenire ad una delle tavole rotonde, ho certamente detto di sì. Ci sono pochi inviti che accetterei più volentieri. Un incontro sotto il tetto di Sant’Egidio – con tutte le distanze a cui siamo abituati – è un incontro con degli amici: Negli ultimi anni ho capito sempre di nuovo come in questa cerchia la parola “amici” ha ancora quel sapore conosciuto di fedeltà è gioia comune (gaudium) e di speranza (spes), ma anche di tristezza (luctus) e paura (angus) – per citare per intero le prime parole della costituzione pastorale del concilio Vaticano II Gaudium et Spes .
Citando la “Gaudium et Spes” sarei proprio al centro della storia di Sant’Egidio – e con la parola “amici” sono su una via secondaria per arrivare al tema che mi è stato proposto.
Infatti la parola amici che poc’anzi ho usato, negli ultimi anni ha trovato un utilizzo superficiale, si abusato, in un modo che forse non solo io avrei creduto impossibile. Se non vado del tutto errato, stiamo assistendo da alcuni anni all’incremento di “amicizie” più grandioso che l’umanità abbia mai visto. Ancora di più: non solo il numero di amicizie che le persone coltivano manifestamente si è incrementato esplosivamente. Nella storia dell’umanità non è stato mai così facile fare amicizia con contemporanei o diventare amici di altri contemporanei.
Sapete a cosa voglio arrivare: al mondo di Facebook è la rete globale delle cosiddette amicizie, che grazie all’idea geniale di un giovane americano in pochi anni ha circondato il mondo.
Se vi aspettate che io possa servirvi da guida in questo mondo, vi devo deludere. Per me facebook è una terra incognita. Il poco che so, l’ho visto dai miei figli, di cui uno ultimamente, con molto orgoglio, ha “postato” l’itinerario di un lungo giro in bici, poi gli è stato chiesto da una ragazza (“amica”) su facebook, perché non si era fermato nel suo paese e da lei. Lui ha dovuto spiegare che una visita con la compagnia del padre non sarebbe stata una cosa “molto fica”.
Scherzi a parte. Io non “ho” né facebook - come si usa dire in tedesco – né ho un account di Twitter e non passo nemmeno una minima frazione del mio tempo libero con i social-network. Quello che vedete di fronte a voi è un uomo senza “amici” o “fan”, secondo le misure dello spirito del tempo, praticamente un autistico. E’ proprio io sono stato scelto per riflettere se le nuove forme di comunicazione aiutate da Internet possano incrementare il dialogo tra le religioni o meno.
La mia prima reazione su questo tema è stata: ma a chi, per il cielo, potrebbe venire in mente una cosa simile? Fino a oggi non l’ho capito. E fino a oggi non so nemmeno come le reti sociali e le interazioni che vi avvengono possano aiutare il dialogo tra le religioni.
Perché ciò che penso di aver capito dei social-network, non lo chiamerei nemmeno comunicazione, né userei per descriverli il termine conversazione o addirittura dialogo.
Certo, Twitter ha una funzione sociale e politica molto importante, perché permette a tutti di trasmettere informazioni in tempo reale e senza censure, così come si può fare con i telefonini con immagini e sequenze video. Così sono stati i passeggeri della metropolitana di Londra, che poco dopo l’attacco terroristico nella capitale britannica il 7 luglio 2005, hanno messo in rete le prime immagini. La rivolta in Iran dopo le elezioni presidenziali manipolate è stata il vero momento della nascita delle notizie Twitter: tutto il mondo ha potuto seguire, come i giovani iraniani col coraggio della disperazione si sono difesi contro il regime dei mullah e dei pasdaran. E Facebook, gli SMS, il sistema Blackberry, grazie a un numero sempre crescente di smartphone con accesso a internet hanno un potenziale organizzativo che mette nell’ombra tutte le cose viste in precedenza.
Gli effetti di queste tecniche sulle società e sugli stati sono estremamente complessi. E’ indiscusso che queste reti basate su internet rafforzano la tendenza di ogni società moderna segnata dall’individualismo, di far parte di sempre più gruppi e i conseguenti ambienti sociali. Contro questo sviluppo di per sé non possiamo dire niente. Non era l’ideale evangelico, che qualcuno nato in un villaggio e quindi in una religione, potesse rinnegare le sue origini solo al costo della condanna sociale. Da questo punto di vista, nell’effetto sconfinante dei social-network troviamo un valore non solo soggettivo, ma anche culturale.
E’ diverso riguardo al valore politico con i social-network basati su internet. Osservando i messagi di Twitter o di altre piattaforme con i criteri di un “broker di informazioni” a priori devono esprimere due dubbi: il contenuto di verità delle cosiddette notizie, normalmente non è verificabile, la rappresentatività non è misurabile. Sia in Iran o in Egitto, in Tunisia o in Libia: cos’è informazione e cos’è disinformazione? Senza un controllo di plausibilità tramite una persona che con certezza conosce la fonte, e senza un paragone con altre fonti il contenuto di verità di notizie-twitter non è verificabile.
Certo, per tutti le dittature e tutti i regimi repressivi sono una forma di minaccia ed è difficile combatterli. E la repressione nel mondo arabo-islamico è più diffusa rispetto al resto del mondo. Per una gioventù priva di speranza e illusioni nel Maghreb e nella Siria sono nuove opportunità di organizzare proteste e di alzare la propria voce contro la povertà e la mancanza di prospettive nella società, l’opportunità della loro vita. Molti la utilizzano mettendo in gioco la propria vita.
Ma anche gli altri non dormono. In Cina e in molti altri paesi il controllo di Internet, fino allo spegnimento, è ancora l’arma più pericolosa per la soppressione della libertà d’opinione e delle proteste sociali. Per quanto tempo ancora? Il governo americano già sta lavorando a forme di Internet, che in caso di conflitto non potrebbero essere censurate.
Nonostante tutto non mi è ancora chiaro, con questi avvenimenti davvero intriganti, si, elettrizzanti, quali prospettive si potrebbero avere per il dialogo tra le religioni. Per il campo politico almeno possiamo dire che la funzione dei social network di eliminare i confini funziona anche li dove l’appartenenza religiosa nella politica e nella società ha un carattere discriminante. Da tutto quello che abbiamo potuto vedere, a piazza Tahir al Cairo si sono raccolti copti e musulmani pii, egiziani secolarizzati e attivisti islamici. I social network hanno agito come un catalizzatore per superare fossati antichi di centinaia di anni. E sembra, che queste proteste comuni non siano rimaste senza risultati anche dal punto di vista religioso-culturale. Se fossero vere le notizie, che i fratelli musulmani e i copti vogliono impegnarsi insieme per la libertà di culto in un nuovo Egitto, allora da questo più importante paese arabo partirebbe un messaggio per tutto il mondo arabo, i cui effetti si potrebbero sviluppare fino alla Turchia.
Similmente, multi-stratificato come in Egitto era il movimento di ribellione in Libia. In Siria invece la situazione è diversa. Come nell’Iraq di Saddam Hussein, la maggior parte della minoranza cristiana sembra preferire una democrazia secolare ad una democrazia segnata dall’Islam, con un’incerta protezione delle minoranze. Dopo lo scenario di terrore contro i Cristiani in Iraq non possiamo biasimare i Cristiani in Siria.
Ma torniamo al fenomeno dei social network appoggiati a Internet. Come quasi tutto nella vita hanno i loro lati negativi. Tramite gli smartphone e i blackberry non si sono organizzati solo gli arabi che lottavano per la libertà, ma anche i saccheggiatori che quest’estate hanno seminato il terrore a Londra e in altre città inglesi. In Germania poco tempo dopo un altro episodio di Facebook fece scalpore: nella primavera del 2010 un politico della CDU di 39 anni conobbe tramite Facebook una ragazza di 15. Passarono un finesettimana in albergo non appena lei aveva compiuto 16 anni. Poco tempo dopo l’uomo divenne candidato di punta del suo partito per le elezioni del Bundesland Schleswig-Holstein. L’uomo si separò dalla ragazza e un anno dopo il suo partito si separò da lui. Negli Stati Uniti impressionato dai tanti divorzi in una comunità pentecostale, il pastore ha proibito agli uomini di essere attivi su face book. Troppo spesso facebook aveva portato a incontri dell’amore giovanile sparito da anni.
In breve: il potenziale dissociativo della rete sociale apparentemente associativa non può essere sottovalutato. E come in un giorno si possano coltivare non tre, ma tranquillamente trenta o trecento amicizie, per me rimane un mistero.
Ma torniamo al lato dissociativo della rete apparentemente solo associativa. Se prima dell’avvento di Internet la comunicazione riguardante fede, Chiesa e religione avveniva principalmente sui giornali, le riviste, televisione e radio, oggi gran parte di questa comunicazione avviene su internet. Un misuratore di questi sviluppi sono state le televisioni e le radio private, che prima sono apparse negli Stati Uniti e adesso si trovano anche in Europa.
Nessuno ha il diritto di negare alle organizzazioni religiose questa forma di organizzazione autonoma. E’ interessante, che anche gruppi fondamentalisti o nazionalisti di destra fino agli estremisti di destra usino queste nuove tecniche. In Europa basta pensare a radio Marija fondata da un polacco parte della santissima congregazione del redentore, per vedere come religiosi facenti parte della categoria “predicatori di odio” non si trovano solo nelle moschee.
Ma la comunicazione, nel senso di creare la comprensione di diversi obbiettivi e le vie e i mezzi per raggiungerli non è lo scopo di radio Marija o di kreuz.net, come non lo è lo sviluppo della tolleranza. Secondo me molti mezzi di comunicazione elettronici e internet non sono un’equivalente di un mondo dei media plurale, ma in un certo modo controllato. Le stazioni radio come radio Marija o kreuz.net come anche i blog che le circondano hanno un potenziale distruttivo nei confronti del mondo dei media classici e con questo nei confronti di uno dei principi base di una società libera e democratica.
Infatti i media elettronici e in particolare internet non sottostanno ai controlli della società, tramite gli altri media, e raramente ai tribunali. Il contenuto di verità delle informazioni non può essere controllato, o solo con grossi ritardi. …… Internet offre il contrario. Dà a tutti la possibilità di spacciare il falso per vero, senza controllo e di agire in uno spazio poco controllato, al di là dei limiti e delle libertà d’opinione e d’artista.
Un giovane e rispettabile giudice della corte costituzionale poco tempo fa ha descritto sul mio giornale le conseguenze di questo per la democrazia:
“Internet da una parte dà la possibilità di allargare le opportunità individuali di comunicazione, ma dall’altra parte spezzetta ciò che è pubblico come sfera di informazioni comuni in una moltitudine inafferabile di mondi personalizzati di esperienze. Il nesso spirituale, che fa di un popolo un tutt’uno solidale e fa così del popolo al di là della formalità della cittadinanza un portatore della potenza della nazione, viene così sciolto. La democrazia come autarchia del popolo ha come presupposto un’unità, che viene conservata grazie a un minimo di tradizioni e convinzioni, ritenute da tutti doverose. Solo sulla base di un orizzonte di esperienze comune possono divenire possibili una comunicazione politica e da questo un processo di formazione delle volontà politiche che solitamente è accettato nel suo percorso e nei risultati.”
Per la religione vale in modo analogo: In internet si sviluppano una moltitudine di esperienze religiose personali, in particolare quelle, i cui protagonisti credono di essere sottomessi da una maggioranza. Cosa ne deriva potete vederlo ogni giorno su kreuz.net – se lo volete: raramente un intervento che non è pieno di odio o di disprezzo, di bugie e falsità – anche nel linguaggio stesso. Questo assomiglia in modo spaventoso al linguaggio dello “Stürmer”, il giornale del NSDAP, nel quale il popolo tedesco veniva preparato all’olocausto, scrivendo ogni giorno “ Gli ebrei sono la nostra sventura”.
Gentili signore e signori, cari amici, se non sono riuscito a contribuire alla soluzione del compito postomi, spero di essere riuscito a sensibilizzarvi un poco sull’abisso al quale ci ha portato la rivoluzione della comunicazione. Se ci sono altri abissi sconosciuti e minacciosi non lo so dire. Non so dire nemmeno se sarà possibile fare di internet uno spazio libero dalla destra o se si potrà fermare lo scioglimento del significato di amicizia e inimicizia, o dialogo e discussione, in un mondo surreale di infinite amicizie in corrente sterminato di acronimi senza anima come HDGDL o LOL.
Ma forse il fatto che la Comunità di Sant’Egidio ancora continui a portare insieme persone reali in luoghi reali per parlare faccia a faccia e per pregare insieme è un segno di speranza (spes). Motivo di gioia (gaudium) lo è comunque.