12 Septiembre 2017 09:00 | Bischoefliches Priesterseminar Borromaeum - Aula
Intervento di Felix Anthony Machado
“Ci sarà mai la pace nelle nostre società e nel mondo?” È la domanda che ovunque vecchi e giovani, ricchi e poveri, persone di cultura e analfabeti continuano a porsi. Dall’inizio del terzo millennio scene continue di terrorismo e violenza non sembrano avere fine. Conflitti armati crescenti, palesi o nascosti, si succedono su uno sfondo di tensioni geopolitiche in vaste regioni del mondo. Si ha l’impressione che fra le cause di instabilità e di minacce alla pace vi siano non solo le diversità culturali ma anche le differenze fra le religioni. Dobbiamo chiederci continuamente: “possono le religioni essere parte della soluzione o devono sempre essere parte del problema?”. I nostri incontri, come questo di Munster e Osnabruck, sono non solo necessari ma urgenti; mi auguro che si moltiplichino in tutto il mondo, specie a un livello di base.
In occasione del XX anniversario della preghiera della pace di Assisi del 1986, il Papa emerito Benedetto XVI così descrisse lo storico evento: “l’iniziativa promossa vent’anni or sono da Giovanni Paolo II assume il carattere di una puntuale profezia. Il suo invito ai leader delle religioni mondiali per una corale testimonianza di pace servì a chiarire senza possibilità di equivoco che la religione non può che essere foriera di pace.”Dobbiamo meditare su queste parole perché alla conclusione dell’incontro del 1986 ad Assisi San Giovanni Paolo II disse: “La pace attende i suoi profeti…visioni di pace sprigionano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene fatali delle divisioni ereditate dalla storia”. E ancora, appellandosi ai leader delle diverse tradizioni religiose: “Continuiamo a vivere lo spirito di Assisi”. La Comunità di Sant’Egidio rispose con entusiasmo alla sfida e così cominciarono questi incontri annuali, Uomini e Religioni.
Credenti di ogni religione e non credenti non possono restare passivi in un mondo che manifesta crescenti segni di odio e di violenza. La pace, dove ancora esiste, è continuamente minacciata. Alla diagnosi di un mondo malato San Giovanni Paolo II fece seguire il suggerimento della cura: i credenti di tutte le religioni devono stringersi insieme in difesa della pace o altrimenti la loro divisione sarà strumentalizzata dalle forze del male per fomentare odio, violenza e guerra. Un paradosso della nostra società è che, mentre la gente cerca la pace, tutti soffrono le terribili conseguenze di guerre e terrorismo. Il Concilio Vaticano II affermò: “Non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio” (Nostra Aetate, n. 5). La questione della pace condiziona il presente e il futuro del mondo intero. Per questo motivo le Nazioni Unite dichiararono il 1986 anno internazionale della pace. In quella occasione Papa Giovanni Paolo II, con gesto profetico, convocò i rappresentanti religiosi di tutto il mondo per un giorno di preghiera e digiuno ad Assisi. Esprimo la mia gratitudine alla Comunità di Sant’Egidio perché continua a promuovere lo spirito di Assisi 1986.
Perché Assisi?
La scelta di Assisi, la città del “poverello” Francesco, per la giornata della Preghiera per la pace, per l’incontro di un mondo intero in miniatura, è anch’essa un gesto profetico. Questo luogo è agli occhi di tutti un vivido simbolo di pace, esso abbraccia tutti i popoli. Francesco di Assisi è, con il silenzio, con le parole, con i gesti, profeta di pace; c'è l’ispirazione divina in ciò che pensa, dice, fa. La pace è infatti dono di Dio per noi. Papa Giovanni Paolo II disse esplicitamente che i due santi di Assisi, Francesco e Chiara, gli dettero l’ispirazione per la convocazione della giornata della preghiera per la pace ad Assisi.
Occorre avere davanti un grande ideale per continuare a promuovere la pace, per scacciare mediocrità e indifferenza, e Assisi simbolizza per noi questo ideale da raggiungere. La pace non può essere una pia illusione, ne’ una semplice modifica dello status quo, ne’ una messa in scena di concetti edificanti che nascondono fatti spiacevoli e conflittuali. La pace è intrinsecamente legata alla totale sottomissione a Dio, a un atteggiamento di umiltà, alla rinuncia a intenti egoistici, a una autentica esperienza di svuotamento di sé. Francesco di Assisi personifica questa verità della pace. In India, se posso aggiungere, abbiamo avuto la benedizione di una personalità simile, Mahatma Gandhi, nel contesto della tradizione religiosa induista.
L’essenza del gesto profetico della giornata di preghiera per la pace del 1986 era la ricerca della pace autentica, che in Assisi trovava un luogo ideale di ispirazione e di immersione in una atmosfera di preghiera.Il Papa emerito Benedetto XVI scrisse venti anni dopo: “Tra gli aspetti qualificanti dell’Incontro del 1986, è da sottolineare che questo valore della preghiera nella costruzione della pace fu testimoniato da esponenti di diverse tradizioni religiose, e ciò avvenne non a distanza, ma nel contesto di un incontro. In questo modo gli oranti delle varie religioni poterono mostrare, con il linguaggio della testimonianza, come la preghiera non divida ma unisca, e costituisca un elemento determinante per un'efficace pedagogia della pace, imperniata sull’amicizia, sull’accoglienza reciproca, sul dialogo tra uomini di diverse culture e religioni.”
Si è sempre detto che, in quanto evento profetico, la Giornata di Preghiera per la Pace del 1986 è irripetibile. È solo il suo spirito che deve rimanere con noi. Ma che esso rimanga, nella nostra società lacerata da conflitti e odi, nel nostro mondo insanguinato dalle guerre, è di per sé un fatto profetico! Gli uomini e le donne di ogni religione possono e devono contribuire alla pace. Nell’insegnamento di quasi tutte le religioni ci sono il rispetto delle coscienze, l’amore del prossimo, la giustizia, il perdono, il distacco dalle cose terrene, la preghiera e la meditazione. Sant’Egidio è stato il catalizzatore nell’organizzazione di questi eventi annuali, “Popoli e Religioni”, in varie città del mondo. Cos’ è lo spirito di Assisi? È la creazione di un movimento mondiale di preghiera per la pace. Non c’è forse questo al cuore dei nostri incontri di questi giorni, in quello spirito che continua negli anni, da una città all’ altra, in Europa e altrove? La pace è la responsabilità universale di tutti i membri della società, in tutto il mondo. Viviamo un momento critico della storia mondiale e occorre cercare un nuovo orientamento, un nuovo inizio, perché l’umanità possa vivere in pace.
I nostri incontri interreligiosi, dai grandi o piccoli numeri, formali o informali, devono continuare con regolarità, specie a un livello di base. È importante che il mondo veda che i leader e la gente di diverse religioni si incontrano in amicizia e in comunione di intenti, perché i mezzi di comunicazione pubblicano continuamente “cattive notizie” in cui le religioni appaiono come la causa di problemi. La pace mette radici e si diffonde quando persone di diverse religioni si impegnano a lavorare, individualmente o in gruppi, per gli anziani, i migranti, i poveri, i senza casa. Sono questi gesti profetici, da cui scaturisce la pace autentica. Non si tratta di cercare un consenso o un compromesso tra le nostre convinzioni religiose, ma di essere aperti agli altri nel rispetto reciproco. Una sana atmosfera pluralistica non impedisce la fedeltà alla propria identità e non implica alcuna forma di indifferentismo. Non dimentichiamo che lo “spirito di Assisi 1986” è caratterizzato da carità fraterna e consapevolezza delle diversità. Cerchiamo di diventare profeti di pace nello “spirito di Assisi” nelle nostre comunità e nei nostri paesi. Grazie.