Condividi su

Frank-Walter Steinmeier

Presidente della Repubblica federale tedesca
 biografia
"Signore, fa' di me uno strumento della tua pace;
dove è odio, fa’ ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono
dov’è discordia, ch’io porti l’unione".
 
Conoscete tutti questi versi della preghiera per la pace attribuita a Francesco d'Assisi. In questo spirito si collocano i vostri incontri per la pace, da quando papa Giovanni Paolo II per la prima volta invitò i rappresentanti di tutte le religioni ad Assisi, nella patria di quel Francesco di Assisi, che si è speso incessantemente per la pace e che è venerato ancora oggi, e non solo dai cristiani. Desidero aprire il mio intervento con questa richiesta di pace. Purtroppo, è più attuale di quanto non lo sia stata per molto tempo. 
Saluto,
Sono molto lieto di dare il benvenuto a tutti voi qui a Berlino! Grazie mille, caro professor Impagliazzo, per l'invito! Voi della Comunità di Sant'Egidio avete riunito ancora una volta alti rappresentanti delle religioni mondiali - per la prima volta a Berlino - per cercare insieme, nella fede e nella preghiera, nel mutuo dialogo, vie per rendere il mondo più pacifico. Ci date speranza in un tempo che è tutto fuorché pacifico. In cui i conflitti armati e le guerre non diminuiscono, ma aumentano: in Sud Sudan, in Medio Oriente, in Etiopia e in molti altri Paesi. È anche un tempo in cui un incubo è diventato realtà per noi europei: per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, una crudele guerra di aggressione sta infuriando nel nostro continente. Le sue conseguenze sono avvertite da molti Paesi del mondo. Questo rende ancora più importante il vostro incontro di pace qui a Berlino!
Voi tutti sapete, cari ospiti, quanto sia prezioso il bene della pace e quanto sia difficile il cammino per raggiungerla. Sapete anche quanto spesso nella storia la religione sia stata abusata per giustificare la violenza, quanto spesso guerre devastanti siano state condotte in nome della religione. Ma tutti condividete una profonda convinzione: Che la fede è una grande forza di pace. 
 
Caro Marco Impagliazzo, caro Andrea Riccardi, cari membri di Sant'Egidio, cari ospiti,
La guerra non porta solo morte, sofferenza e distruzione. La guerra è "la madre di tutte le povertà", fin dala fondazione della vostra comunità questa è stata per voi una certezza. Da allora, avete lavorato con incrollabile perseveranza per una maggiore pace nel mondo - vorrei solo citare lo storico accordo di pace in Mozambico più di 30 anni fa. E continuate a farlo oggi in molte zone di conflitto in tutto il mondo.
 
Nel vostro impegno per la pace, siete sempre stati sostenuti dalla forza che traete dalla vostra fede. Siete sempre stati sostenuti dalla fiducia in Dio e dalla consapevolezza di essere uno strumento di Dio. Spesso avete mediato in situazioni in cui la politica aveva fallito. Le persone in zone di crisi e di guerra vi hanno percepito e vi percepiscono tuttora come imparziali e credibili, si fidano di voi - ed è per questo che potete costruire la fiducia anche tra parti in conflitto. È così che avete reso il mondo un luogo più pacifico, più volte. Per questo, oggi vorrei ringraziarvi dal profondo del cuore! 
 
Già durante il mio mandato di Ministro degli Esteri, ci univa un forte legame. Ricordo con piacere anche la mia ultima visita a Roma nel 2017, durante la quale abbiamo avuto un intenso scambio di opinioni sulle crisi e i conflitti attuali, ma anche sulle altre grandi e pressanti problematiche dell’umanità: povertà, migrazione e movimenti dei popoli, disuguaglianza sociale e lotta al cambiamento climatico. Non c'è bisogno di convincervi che possiamo trovare soluzioni a queste grandi questioni dell’umanità solo insieme, nel dialogo. Solo così riusciremo a creare un mondo più pacifico.
 
Lei, caro professor Riccardi, una volta ha detto che il dialogo è iscritto nei geni di Sant'Egidio. Ed è proprio questo DNA che l'ha resa un'autorità rispettata a livello internazionale - basta guardarsi intorno in questa sala. Un'autorità che cerca e promuove il dialogo tra le religioni, ma anche il dialogo tra le comunità religiose, la politica e la società civile. Quanto è importante il dialogo, soprattutto in questo momento in cui le nostre democrazie liberali vengono sempre più contestate; in cui si aprono anche profonde fratture nelle nostre società e si riduce la disponibilità al dialogo. Per questo abbiamo così tanto bisogno di voi, comunità religiose, investite di una, ancora più grande, responsabilità!
 
Signore e signori, cari ospiti
Questo è il vostro secondo incontro di pace dal 24 febbraio 2022, dall'invasione russa dell'Ucraina. Ogni singolo giorno che è trascorso da allora ha portato sofferenza, distruzione e morte agli ucraini. Essi resistono e si fanno valere, lottando per la loro libertà con un coraggio ammirevole. 
Ma questa guerra ci pone anche di fronte a grandi domande, non solo a noi cristiani, ma a tutte le persone di fede: come è compatibile con la fede dare armi in una zona di guerra? Come si concilia con il comandamento della pace? Non stiamo forse prolungando la sofferenza? E non è forse nostra responsabilità fare tutto il possibile perché la pace prevalga il prima possibile? D'altra parte, ci è permesso rifiutare l'aiuto alle vittime di questa crudele guerra di aggressione? La solidarietà e l'umanità non ci impongono di stare al fianco degli aggrediti? Sono tutte domande che molti credenti, molti cristiani, vivono come un profondo dilemma. Come cristiano praticante, anch'io ne sono turbato.
Sì, la pace è una delle promesse più grandi e profonde di tutte le religioni del mondo, siano esse l'Islam, l'Ebraismo, l'Induismo, il Buddismo o il Cristianesimo.
Sì, è la pace a cui le religioni possono e devono contribuire insieme - è questo che vi riunisce anche quest'anno. 
Sì, sono le religioni che possono fornire un grande, indispensabile servizio come promotrici di pace e come forza di riconciliazione per l’umanità. Ma in questa occasione desidero anche dire chiaramente che chiunque, in nome della religione, si schieri con un violento signore della guerra che vuole sottomettere con la forza un paese vicino pacifico e democratico; chiunque, in qualità di guida di una chiesa cristiana, sostenga le atrocità inimmaginabili che vengono commesse contro la gente di questo Paese, anzi contro le proprie sorelle e i propri fratelli nella fede; chiunque agisca in questo modo sta fondamentalmente violando il comandamento della pace della fede!
Possiamo essere diversi nella nostra fede. Ma dobbiamo essere uniti in questo: la religione non deve mai essere una giustificazione per l'odio e la violenza. Questa è la responsabilità di tutti noi credenti!
 
Cari ospiti,
L’audacia della pace è il motto del vostro incontro di quest'anno. L’audacia della pace: solo tre parole. Tre parole piccole e allo stesso tempo così grandi. Ci portano a guardare al nostro tempo. L’audacia della pace fa pensare a noi tedeschi a Willy Brandt, al suo appello a osare più democrazia. L’audacia della pace, ecco che arriviamo a Dietrich Bonhoeffer e al suo discorso a Fanö nel 1934. Il grande teologo aveva già intuito quanto la pace fosse in pericolo a causa di quanto stava accadendo in Germania. Tanto più urgente era il suo appello a confidare in Dio nell'impresa della pace. 
Alcuni di voi ora si chiederanno: non dobbiamo forse anche noi oggi osare l’audacia della pace? La guerra in Ucraina non deve finire al più presto?
Ma, signore e signori, il 24 febbraio 2022 ha cambiato tutto. Con il suo attacco distruttivo, Putin vuole annientare i valori su cui si fonda la nostra comune Europa: la validità del diritto internazionale, il riconoscimento delle frontiere, la coesistenza pacifica di tutti i popoli in libertà su questo continente.
Credo che per noi europei opporsi a questa aggressione sia una conseguenza delle lezioni apprese dalla catastrofe della Seconda guerra mondiale. Questa lezione è: "Mai più!".
Quanto voi, le chiese e le comunità religiose, quanto noi tutti abbiamo sperato e lavorato affinché una guerra del genere non si ripetesse. Che il nostro continente non ricadesse nuovamente in un'epoca di aggressioni, odio e sofferenza. Ma è esattamente quello che è successo.
 
Sì, vogliamo tutti la fine dell'orrore. Sì, vogliamo tutti la fine della guerra. Vogliamo la pace. Lo vuole soprattutto il popolo martoriato dell'Ucraina.
Ma, signore e signori, questa pace deve essere una pace giusta. Una pace giusta, che non è solo l'assenza di guerra. Deve essere una pace a lungo termine e non solo una tregua nei combattimenti che permetta alla Russia di portare nuove truppe al fronte. Un cessate il fuoco da solo servirebbe solo alla Russia per consolidare la sua occupazione illegale dei territori ucraini. 
L'Ucraina sta combattendo per la sua integrità territoriale, per la sua libertà, per il suo futuro democratico in Europa. Il popolo ucraino si sta ribellando contro il furto e l’asservimento delle terre, contro le terribili ingiustizie, contro i crimini verso bambini indifesi, le donne, gli anziani, contro il terrore e la distruzione delle bombe. In breve, l'Ucraina sta combattendo per ciò che ogni Paese del mondo rivendica per sé - e che è un prerequisito per una pace giusta e duratura.
Non sono l'Ucraina o i Paesi che la sostengono a rifiutare la pace. È la Russia che rifiuta la pace. Putin ha la possibilità di ordinare al suo esercito di rientrare e porre fine a questa guerra. Se l'Ucraina smette di difendersi, sarà la fine dell'Ucraina. Ecco perché noi europei e anche noi tedeschi sosteniamo l'Ucraina, anche con le armi.
Quando si potrà osare l’audacia della pace, la decisione spetterà all'Ucraina. Per questo è importante pensare insieme all'Ucraina, a livello politico, a come potrebbe essere una soluzione di pace. I colloqui di Copenaghen e Gedda hanno dimostrato quanto sia ampio il sostegno alla ricerca di una soluzione di pace. Sono stati un primo passo importante. Ogni piccolo progresso verso una pace giusta dà speranza agli ucraini. Ogni piccolo progresso dà speranza a noi e al mondo!
 
Cari ospiti,
Immaginare la pace in tempo di guerra è la più difficile delle cose inimmaginabili, ha detto una volta il caro Andrea Riccardi. Immaginare l'inimmaginabile significa: anche in tempo di guerra, non dobbiamo mai perdere di vista la pace. Mantenere la prospettiva della pace, anche se la strada per raggiungerla non è ancora evidente, di questo si tratta. Per noi europei in particolare, questa è e rimane una responsabilità tutta particolare, non solo per la nostra storia, ma soprattutto per il nostro futuro comune. Un futuro basato sui valori di cui ho già parlato: la convivenza pacifica di tutti i popoli nella dignità, nella libertà e nella democrazia. Non dobbiamo mai rinunciare alla speranza di pace, alla lotta per la pace!
 
Grazie di cuore!