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Maria De Giorgi

CHIESA CATTOLICA, CENTRO DI DIALOGO INTERRELIGIOSO SHINMEIZAN, GIAPPONE
 biografia
Dopo più di trent’anni trascorsi in Giappone, lavorando nel campo del dialogo interreligioso, è per me motivo di gioia e riconoscenza prendere parte, quale unica “giapponese di adozione”, a questo Panel dedicato al Giappone, Paese che amo e che considero ormai la mia seconda patria.
 
Un vivo grazie alla Comunità di S. Egidio per l’invito a partecipare a questo annuale evento e per la fedeltà con cui, in questi trent’anni, la Comunità si è fatta promotrice dello “spirito di Assisi” da cui questi eventi sono nati.
 
Infine, un grazie anche per la scelta del tema: Giappone, religioni e valore della vita, di particolare attualità in Giappone. Il rapporto con la natura, con tutto ciò che vive è infatti un aspetto caratteristico della cultura giapponese tradizionale che ha permeato tutte le Tradizioni religiose. Quando giunsi in Giappone per la prima volta, nel 1985, fui particolarmente colpita da questo aspetto e da questa sensibilità dei giapponesi.
 
Con il trascorrere dei decenni, però, ho dovuto constatare con una certa tristezza come l’incalzare della vita moderna e delle sue esigenze abbia progressivamente indebolito questo sentimento atavico impoverendo anche i rapporti umani. Nelle grandi metropoli, dove vive la maggioranza della popolazione, non solo il contatto vitale con la natura ma anche le relazioni umane e sociali sono spesso fagocitate da una mentalità consumista che ha fatto del profitto il suo dogma fondamentale adombrando valori culturali e religiosi che per secoli hanno alimentato l’animo giapponese. Una tendenza che ha portato con sé un altro fenomeno inquietante, quello del cosiddetto «shukyo banare», o «disaffezione e allontanamento dalla religione». Un fenomeno complesso alla cui base troviamo non tanto il rifiuto positivo della religione in quanto tale, bensì l’ignoranza, la non conoscenza del mondo religioso e dei suoi valori.
 
Poco più di 50 anni fa, fa Nostra Aetate, la Dichiarazione sulle relazioni tra le Chiesa e le religioni non cristiane, affermava:
Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana, che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell'uomo: la natura dell'uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l'origine e lo scopo del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l'ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo.
 
Oggi dobbiamo avere il coraggio di chiederci in quale misura questi interrogativi toccano il cuore dell’uomo contemporaneo e in quale misura le religioni possono essere una risposta credibile e comprensibile. Il problema del shukyo banare interpella, infatti, tutte le Religioni, non solo in Giappone, e chiede a tutte le Tradizioni religiose il rinnovato coraggio di annunciare i valori inalienabili di cui sono depositarie, i soli che danno senso e luce ai «reconditi enigmi della condizione umana». Un compito urgente e imprescindibile che sollecita ogni singola Religione e le Religioni insieme, a dare testimonianza di questi valori attraverso il dialogo e la collaborazione reciproca.
 
Tornando, ora, con più pertinenza al tema specifico del nostro Panel e cioè, Giappone: Religioni e valore della vita umana, considerato – per quello che mi concerne – dal punto di vista della Chiesa Cattolica in Giappone, non posso fare a meno di riferirmi a un Documento della Conferenza Episcopale Giapponese uscito nel 2001, e riedito nel 2017, dal significativo titolo «Inochi e no manazashi», «Sguardo alla vita».
 
Nell’edizione del 2001, pubblicata all’indomani delle celebrazioni del Grande Giubileo dell’anno 2000, i Vescovi giapponesi intesero dare un messaggio di speranza alla società giapponese del XXI secolo. Come si legge infatti nell’introduzione, a firma dell’allora Presidente della Conferenza Episcopale giapponese e arcivescovo di Nagasaki, S. E. Mons. Shimamoto Kaname,«La società giapponese è segnata oggi da ansietà e tristezza. La stagnazione economica dovuta al collasso della “bubble economy”, l'indebolimento dei legami familiari, la violenza nelle scuole, crimini scioccanti da parte dei bambini e un numero crescente di suicidi da parte di persone di mezza età e anziani hanno portato molte persone a pensare che non ci sia risposta al nostro desiderio di luce e supporto. Eppure, Dio ha creato e ama le persone. La vita umana, dono unico di Dio a ciascuno di noi, è sacra. Questa è la ragione principale per cui i vescovi cattolici del Giappone hanno deciso di presentare al mondo questo messaggio sulla vita e l'umanità.
 
Speriamo che le nostre riflessioni diano coraggio e speranza ai nostri fratelli e sorelle in tutto il Giappone. Preghiamo affinché l'amorevole benignità di Dio sia riversata su tutta la creazione e specialmente sul popolo del Giappone a cui indirizziamo questo messaggio». E infatti il Documento, pur soffermandosi sui problemi che angustiano la società giapponese: la crisi della famiglia, il dramma dei suicidi, il crescente numero degli aborti e dei casi di eutanasia, la minaccia dell’inquinamento climatico con tutte le sue incognite, è un messaggio di speranza. Radicato nella certezza che la vita è nelle mani di Dio, di un Dio-Padre che ama tutte le sue creature e che l’uomo è chiamato a cooperare con Dio nella cura di tutto il creato, questo messaggio dei Vescovi giapponesi ricorda a tutti che è necessario lasciarsi illuminare dalla Parola di Dio per comprendere fino in fondo la sacralità della vita umana e di ogni essere vivente.
 
Consapevoli poi della complessità del tema e degli inevitabili limiti che possono aver accompagnato le loro riflessioni, i Vescovi concludono dicendo: «È la prima volta che noi, vescovi del Giappone, abbiamo preparato un messaggio non solo per i cattolici, ma per tutta la società giapponese. […] Coloro che lo leggono possono avere riserve e trovare punti su cui non sono d’accordo. […]. Siamo [però] convinti che la nostra vocazione di Vescovi ci impone di lanciare un appello affinché tutti comprendano, alla luce di Dio, il senso del vivere umano».
 
La seconda edizione del Documento, pubblicata dopo eventi drammatici per il mondo (escalation di atti terroristici) e per il Giappone (il grande terremoto del 2011 e il conseguente disastro di Fukushima; il terremoto di Kumamoto del 2012), si sofferma in modo particolare su alcuni minacce alla vita: armi nucleari, manipolazioni genetiche, pena capitale. Alla luce, poi, dell’Enciclica Laudato si di Papa Francesco, dedica un più ampio spazio al problema ecologico, dell’inquinamento e della salvaguardia del creato. Auspica, infine che lo sguardo benevolo e misericordioso di Dio che ha cura di tutte le sue creature, diventi anche lo sguardo di ogni essere umano.
 
Un’altra iniziativa con cui la Chiesa giapponese ha affrontato il tema della vita e le problematiche ad essa connesse sono i Simposi organizzati dalla Sottocommissione per il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale che ha voluto, in questo modo, coinvolgere nella riflessione i rappresentanti di varie Tradizioni religiose, Buddhismo, Shintoismo, Risshokoseikai, Tenrikyo, dando loro voce così da riflettere insieme su problematiche comuni.
 
Tra questi Simposi, mi riferisco in modo particolare a quello del 2013, dedicato al drammatico problema dei suicidi, a quello del 2014 dedicato ai problemi sociali dell’invecchiamento e della terza età e a quello del 2017 dedicato alle problematiche del mondo giovanile.
 
Non è qui possibile riassumere la ricchezza dei vari interventi e dei successivi dibattiti. In questo contesto interreligioso, mi sembra tuttavia importante ricordare brevemente le ragioni che hanno spinto la Chiesa giapponese a dar vita a queste iniziative. La prima ragione è la certezza che la vita, ogni forma di vita, è dono di Dio, da Lui creata e custodita, e che la vita umana è vertice e corona della creazione. La seconda è la certezza che con l’incarnazione di Dio stesso, in Gesù Cristo, la vita umana, ogni vita umana, ha una dignità sacra e inviolabile.
 
La terza è la certezza che la vita umana non finisce con la morte corporale e che, con la risurrezione della carne, si apre agli orizzonti eterni di Dio. È questa fede, gelosamente custodita, che la Chiesa Cattolica in Giappone desidera condividere e trasmettere come “rivelazione di Dio”, come “lieto annuncio”, come gioioso “sguardo alla vita”, come impegno per la difesa e la custodia della vita in tutte le sue forme. È questa stessa fede che ha ispirato e fonda anche la sua presa di posizione su alcuni aspetti concreti, sociali e, inevitabilmente politici, che riguardano la vita umana nel contesto particolare del Giappone di oggi, come ad esempio:
 
1. La cura per il creato, o «la cura per la nostra casa comune» per usare l’espressione di Papa Francesco (“Laudato si’”, 2015) alla quale la Chiesa Cattolica in Giappone ha dedicato una speciale attenzione nel corso dello scorso anno.
 
2. L’accoglienza della vita dal suo inizio alla sua fine naturale, in contrapposizione alla legittimazione dell’aborto e dell’eutanasia. Scelta, questa, che ha trovato un’attuazione concreta con l’istituzione del cosiddetto “akachan-posto”, come nell’ospedale Jikei di Kumamoto, dove vengono accolti i neonati indesiderati, e degli Hospices, come l’ospedale Mikokoro di Kumamoto, dove vengono accolte persone anziane sole e in fase terminale.
 
3. La partecipazione della Chiesa Cattolica alle iniziative di varie Organizzazioni che chiedono l’abolizione della pena di morte, tra le quali merita una particolare menzione l’impegno della Comunità di sant’Egidio in Giappone.
 
4. La partecipazione all’Associazione interreligiosa per la salvaguardia dell’articolo 9° della Costituzione che limita il riarmo del Giappone, soprattutto atomico, e rinuncia alla guerra come via per la soluzione dei conflitti internazionali.
 
Per concludere, vorrei ribadire come, nel mondo secolarizzato di oggi, impoverito dal «shukyo banare», dalla disaffezione/ignoranza dei valori religiosi, proprio la sensibilità e la fede religiosa si rivelano indispensabili per comprendere in pienezza il valore, il senso e il destino ultimo della vita, soprattutto umana.
 
Ecco perché, l’impegno per la vita e la sua difesa è il terreno assolutamente prioritario della collaborazione e del dialogo interreligioso. Radicati nelle rispettive convinzioni religiose, dobbiamo, anche in Giappone, unire le nostre forze per difendere la vita da ogni minaccia. Permettetemi di concludere con un bellissimo proverbio giapponese: «Ikiru to wa ikasarete iru desu», «Vivere è essere fatti vivere». La vita è un dono incommensurabile, che di sua natura rimanda ad un orizzonte religioso, è un dono che tutti insieme possiamo e dobbiamo difendere da ogni pericolo e da ogni minaccia.
 
 


Discorso di Maria De Giorgi
Discorso di Maria De Giorgi